mercoledì 13 luglio 2011

Emozioni da "pelle d'oca"

C'è un'espressione del linguaggio comune che si usa spesso, per designare una situazione intricata, di difficile soluzione:
“Questa storia è proprio un rebus... non so come venirne a capo”.
“Rebus” è una parola che richiama la difficoltà di cogliere un significato nascosto, difficilmente decifrabile... un “mistero” che solo l'intelligenza innestata dall'intuizione permette di svelare.
Mi si dirà che si tratta di un argomento per appassionati di enigmistica, ed in effetti sembra così.
Però... c'è anche dell'altro... ed io ve ne parlo perché il linguaggio dei rebus assomiglia molto al misterioso alfabeto di segni attraverso i quali Dio comunica con l'umanità.
Quando, da bambino, lessi per la prima volta le pagine dell'Antico Testamento, vi trovai numerosi episodi capaci di scuotere le "corde" della mia immaginazione di fanciullo.
Tra di essi, ricordo per esempio l'ispirazione del profeta Giuseppe, che dalla capacità di "vedere oltre" trasse la celebre predizione con cui annunciò al Faraone gli anni di prosperità e di carestia, risolvendo il “rebus” onirico delle vacche grasse e magre.
Mi aveva colpito molto questa facoltà... e al contempo mi rammaricavo che dovesse restare rinchiusa in quelle bibliche pagine così lontane nel tempo...
Mai avrei potuto pensare che... a distanza di oltre trent'anni... la mia immaginazione di allora si sarebbe incontrata con la realtà del mio quotidiano.
Ciò accade ogniqualvolta Swami Roberto mi aiuta a vedere con chiarezza il linguaggio dei segni con cui l'ineffabile dimensione di Dio costantemente parla agli esseri umani.
E' incredibile la frequenza con cui Swami mi mostra “parole” enormi, posizionate proprio davanti al mio naso, che io non riuscivo proprio a scorgere... e ogni volta si rinnova in me un'emozione da “pelle d'oca”.
“Come ho fatto a non capirlo prima?”... questo è il mio pensiero ricorrente in quei momenti nei quali il linguaggio divino si rivela ai miei occhi, finalmente messi nella condizione di leggere le soluzioni dei “rebus” provvidenziali con cui Dio incessantemente mi parla... a volte anche con un silenzio o un sorriso.