Sin dalla nascita del senso religioso, l'essere umano si è trovato di fronte all'esperienza del Miracolo... l'evento che esorbita i limiti della natura e viene riconosciuto dal fedele come l'intervento di Dio nella sua vita.
Il Miracolo tradizionalmente incontra lo scetticismo della scienza che, gettando il suo sguardo sul fenomeno ritenuto soprannaturale, non può che leggerlo razionalmente con incredulità: per la scienza, la causa oggi non-conosciuta di un fenomeno rimane comunque conoscibile in futuro, ed in quest'ottica lo spazio del Miracolo si riduce fino ad annullarsi anche di fronte ai fatti più sensazionali.
Si può dimostrare scientificamente il Miracolo?
Evidentemente no... perché il Miracolo per definizione trascende il campo di azione della scienza.
Il ruolo delle scienze naturali non è quello di formulare un giudizio su cosa sia o non sia un Miracolo, quanto invece quello di segnalare quei fenomeni che superano le forze della natura, lasciando poi aperto l'ulteriore interrogativo: l'evento è prodigioso in se stesso, o soltanto a causa della limitata conoscenza che ne abbiamo?
Questo ragionamento - ciò che oggi è ignoto, potrebbe diventare noto in futuro - è la “gabbia” oltre la quale si spinge la Fede che, di fronte all'evento scientificamente inspiegabile, ha invece lo spazio per credere al Miracolo: non con la dabbenaggine dei credenti-creduloni desiderosi di vedere il Miracolo anche dove non c'è... ma con l'equilibrio dei credenti-responsabili, capaci di leggere la realtà con gli occhi di una Fede matura, che non li obbliga a “spegnere” il cervello.
Questa maturità esiste non solo quando il fedele usa l'intelletto e coltiva il senso critico, ma anche quando non commette l'errore di concentrare la sua attenzione esclusivamente sull'aspetto fenomenico del miracolo.
Nella Fede autentica non può mai esservi dissociazione tra l'evento prodigioso ed il suo valore semiologico, ovvero il messaggio che Dio comunica al fedele attraverso quell'evento.
Il Miracolo è innanzitutto un Segno, ed è il suo contenuto che va posto in primo piano, per cui il fedele non credulone percepisce il fatto straordinario come miracoloso soprattutto in rapporto all'impulso che ne riceve ad instaurare un nuovo rapporto con Dio, e non esclusivamente in funzione della sua prodigiosità.
Anzi... può accadere che anche un fatto rientrante nell'ordine naturale delle cose si verifichi in circostanze tali (di modo e di tempo) che il fedele ha ragione di percepire come miracolose.
Sovente sta' proprio nei Piani della Volontà Divina che la comunicazione con il fedele avvenga su un piano non “troppo” clamoroso... più “vicino” alla normalità... per non invadere quella libertà individuale alla quale Dio non toglie mai lo spazio del non credere.
In ogni manifestazione divina, anche in quelle più eclatanti, c'è abbastanza Luce perché il credente riconosca il segno divino... ed abbastanza nascondimento per rispettare il libero arbitrio di chi non vuole credere.
In definitiva... il Prodigio divino esiste soltanto per quanti hanno “occhi ed orecchie” per riconoscere i Segni di Dio, ed il vero Miracolo lo vivono coloro che, per conseguenza, sono capaci di trasformare la propria interiorità.
Ebbene - A proposito di credere o di non voler credere... voi non potete credere quante volte mi son trovato in una situazione ricorrente durante i miei 15 anni di sacerdozio: di fronte alle guarigioni miracolose che i fedeli di Anima Universale testimoniano, spesso ricevo notizia di parenti o conoscenti della persona guarita che, quando sentono attribuire l'inspiegabile cambiamento dei quadri clinici all'intervento spirituale di Swami Roberto... ipotizzano diagnosi iniziali sbagliate, possibili malfunzionamenti della TAC... ecc. ecc. ecc.
Eh sì, tra le varie categorie di "increduli" bisogna inserire anche quelli che non sono disposti ad ammettere i miracoli che si verificano fuori dalla chiesa "giusta"... proprio come suggeriva l'eloquente titolo di un bellissimo servizio su Swami Roberto realizzato dal giornalista A.Berlandis nel 1983.
Il Miracolo tradizionalmente incontra lo scetticismo della scienza che, gettando il suo sguardo sul fenomeno ritenuto soprannaturale, non può che leggerlo razionalmente con incredulità: per la scienza, la causa oggi non-conosciuta di un fenomeno rimane comunque conoscibile in futuro, ed in quest'ottica lo spazio del Miracolo si riduce fino ad annullarsi anche di fronte ai fatti più sensazionali.
Si può dimostrare scientificamente il Miracolo?
Evidentemente no... perché il Miracolo per definizione trascende il campo di azione della scienza.
Il ruolo delle scienze naturali non è quello di formulare un giudizio su cosa sia o non sia un Miracolo, quanto invece quello di segnalare quei fenomeni che superano le forze della natura, lasciando poi aperto l'ulteriore interrogativo: l'evento è prodigioso in se stesso, o soltanto a causa della limitata conoscenza che ne abbiamo?
Questo ragionamento - ciò che oggi è ignoto, potrebbe diventare noto in futuro - è la “gabbia” oltre la quale si spinge la Fede che, di fronte all'evento scientificamente inspiegabile, ha invece lo spazio per credere al Miracolo: non con la dabbenaggine dei credenti-creduloni desiderosi di vedere il Miracolo anche dove non c'è... ma con l'equilibrio dei credenti-responsabili, capaci di leggere la realtà con gli occhi di una Fede matura, che non li obbliga a “spegnere” il cervello.
Questa maturità esiste non solo quando il fedele usa l'intelletto e coltiva il senso critico, ma anche quando non commette l'errore di concentrare la sua attenzione esclusivamente sull'aspetto fenomenico del miracolo.
Nella Fede autentica non può mai esservi dissociazione tra l'evento prodigioso ed il suo valore semiologico, ovvero il messaggio che Dio comunica al fedele attraverso quell'evento.
Il Miracolo è innanzitutto un Segno, ed è il suo contenuto che va posto in primo piano, per cui il fedele non credulone percepisce il fatto straordinario come miracoloso soprattutto in rapporto all'impulso che ne riceve ad instaurare un nuovo rapporto con Dio, e non esclusivamente in funzione della sua prodigiosità.
Anzi... può accadere che anche un fatto rientrante nell'ordine naturale delle cose si verifichi in circostanze tali (di modo e di tempo) che il fedele ha ragione di percepire come miracolose.
Sovente sta' proprio nei Piani della Volontà Divina che la comunicazione con il fedele avvenga su un piano non “troppo” clamoroso... più “vicino” alla normalità... per non invadere quella libertà individuale alla quale Dio non toglie mai lo spazio del non credere.
In ogni manifestazione divina, anche in quelle più eclatanti, c'è abbastanza Luce perché il credente riconosca il segno divino... ed abbastanza nascondimento per rispettare il libero arbitrio di chi non vuole credere.
In definitiva... il Prodigio divino esiste soltanto per quanti hanno “occhi ed orecchie” per riconoscere i Segni di Dio, ed il vero Miracolo lo vivono coloro che, per conseguenza, sono capaci di trasformare la propria interiorità.
Ebbene - A proposito di credere o di non voler credere... voi non potete credere quante volte mi son trovato in una situazione ricorrente durante i miei 15 anni di sacerdozio: di fronte alle guarigioni miracolose che i fedeli di Anima Universale testimoniano, spesso ricevo notizia di parenti o conoscenti della persona guarita che, quando sentono attribuire l'inspiegabile cambiamento dei quadri clinici all'intervento spirituale di Swami Roberto... ipotizzano diagnosi iniziali sbagliate, possibili malfunzionamenti della TAC... ecc. ecc. ecc.
Eh sì, tra le varie categorie di "increduli" bisogna inserire anche quelli che non sono disposti ad ammettere i miracoli che si verificano fuori dalla chiesa "giusta"... proprio come suggeriva l'eloquente titolo di un bellissimo servizio su Swami Roberto realizzato dal giornalista A.Berlandis nel 1983.