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martedì 29 dicembre 2009

Tre Monaci Ramia al Villaggio della Gioia (1^ parte)

Come molti di voi già sapranno grazie alla notizia pubblicata sul sito ufficiale di Anima Universale, è da poco uscita la seconda edizione del libro sulla vita del nostro grande amico padre Fulgenzio, che ho scritto con l'aiuto di ramia Osvaldo e di ramia Mauro.
Qui a fianco potete vedere la stupenda copertina del volume realizzata da ramia Riccardo, la cui geniale creatività ha espresso negli anni numerose perle grafiche a beneficio del Villaggio della Gioia (potete ammirarle cliccando: Cosa abbiamo realizzato per il Villaggio della Gioia).

Leggendo la notizia della pubblicazione della seconda edizione del nostro libro alcune persone francesi mi hanno chiesto notizie sul suo contenuto.
Ho pensato di riportare in questo mio diario alcune pagine che raccontano la missione di noi Ramia al Villaggio della Gioia.
Quest'oasi di amore sorge alcuni chilometri a nord di Dar Es Salaam, in Tanzania, e ad oggi è la casa di 104 bambini che chiamano padre Fulgenzio "Baba" ("Papà" in lingua Swahili).

Ebbene... questi bambini meravigliosi e fortunati sono figli anche della grande famiglia di Anima Universale, che negli anni ha sostenuto enormemente un Villaggio che oggi costituisce un fiore all'occhiello per l'intera Africa. Se vorrete seguirmi in un viaggio lungo alcune puntate, ne saprete un po' di più.
Buona lettura.



3 gennaio 2004 (testo tratto dal nostro libro "Il Villaggio della Gioia, appunti di vita del Fondatore Baba Fulgenzio")

Mancano pochi giorni all’inaugurazione del Villaggio, prevista per domenica 11 gennaio, e a Dar cominciano a giungere quanti vogliono essere presenti ad un evento che si preannuncia veramente straordinario.
Padre Fulgenzio accoglie tutti a braccia aperte, godendosi in particolare il calore fraterno con cui lo avvolgono don Aurelio e don Leone, i suoi «due Don», come lui li chiama affettuosamente, che arrivano in Tanzania accompagnati da un vivace gruppetto di parrocchiani.
Padre Fulgenzio ha invitato anche noi di Anima Universale a presenziare all’inaugurazione. Siamo in tre, monaci ramia, a partire verso il Villaggio della Gioia in rappresentanza di tutti coloro che formano la grande famiglia di Anima Universale: tanti cuori che dall’Italia e dall’estero sostengono l’opera di padre Fulgenzio.
Il 3 Gennaio alle sette del mattino ci imbarchiamo all’aeroporto di Torino-Caselle sul volo diretto ad Amsterdam. Qui, dopo una breve sosta, decolliamo in direzione Dar, per una tratta di oltre dieci ore e mezza passate pregustando l’imminente «prima volta in Africa» che tutti e tre ci apprestiamo a vivere. Non vediamo l’ora di abbracciare baba Fulgenzio e di farci guidare da lui a visitare la sua «creatura».

Atterriamo a Dar alle undici di sera e, non appena ritirati i bagagli, ci affacciamo sulla città. Subito veniamo colti da una ventata di aria africana che ancora riscalda la serata, facendoci presagire la calura dell’indomani. Un taxista ci conduce sino a Mikoceni, la casa dei passionisti posizionata a nord della metropoli, e quando giungiamo al cancello è padre Fulgenzio, ancora in piedi dopo la mezzanotte, a venirci incontro per un caloroso benvenuto.

Ormai è tardi e l’indomani ci attende una intensissima giornata; non c’è spazio per molte parole anche perché la stanchezza è tanta e non vediamo l’ora di poter andare a riposare.
Padre Fulgenzio se ne accorge e ci accompagna ai nostri alloggi, nell’ala laterale della piccola ma capiente struttura.
Nella prima nostra notte africana il sonno tarda ad arrivare, respinto dalle emozioni che insistentemente rimbalzano in una miriade di pensieri.


Il risveglio è accompagnato dal caldo sole africano che filtra dalle finestre; c’è elettricità nell’aria e già siamo proiettati verso quella prima giornata tutta da scoprire.
Abbiamo giusto il tempo di fraternizzare con i gruppi di volontari che ci hanno preceduti di qualche giorno e poi via, tutti verso il Villaggio.





Per raggiungere la «Città della gioia», come la chiama il Cardinale Pengo, bisogna portarsi venticinque chilometri a nord di Dar, accanto al poverissimo villaggio di pescatori di Mbweni, e così non perdiamo tempo nel salire in jeep con padre Fulgenzio.
Lasciando Mikoceni alle nostre spalle imbocchiamo la New Bagamoyo Road, nuovissima strada asfaltata che collega Dar con lo storico centro di raccolta e smistamento schiavi di Bagamoyo, e a fatica tratteniamo l’impazienza di giungere al Villaggio.

Dal finestrino della Jeep di padre Fulgenzio, abile guidatore, osserviamo il brulicare di vita che anima i bordi della strada.
Viaggiamo tra due ali di gente che cammina sul ciglio asfaltato, sosta di fronte ad improvvisate bancarelle, esce da fatiscenti abitazioni.

D’un tratto, su un piccolo spiazzo tra due capanne intravediamo un adulto chinarsi verso un bambino, che con una mano gli tocca il capo.
Padre Fulgenzio ci spiega il significato di quel gesto:
In Tanzania c’è un rito praticato dai bambini, che quando incontrano un adulto gli pongono la mano sul capo ripetendo più volte Shikamoo che significa: «Sono ai tuoi piedi».
Il grande risponde allora Marahaba, ovvero «Ne sono felicissimo», e per lasciarsi sfiorare la testa si abbassa al livello del piccolo, ridimensionandosi.
La capacità di ridimensionarsi, ovvero saper rinunciare a qualcosa di sé per stabilire un rapporto con il prossimo, è un valore ben radicato nei popoli africani; sarebbe proprio auspicabile che questa capacità fosse un patrimonio generalmente più diffuso in ogni contesto sociale, perché il saper ridimensionare se stessi è il presupposto indispensabile per avvicinarsi agli altri, per comunicare senza giudicare.

(Fine 1^ parte - continua)

Leggi la 2^ parte