L'insegnamento di Swami Roberto di cui vi parlo oggi (“Emarginazione”, tratto dal libro Ascoltando il Maestro Vol.II pag.130) vi conduce ad esplorare le lande desolate di un fenomeno umano tanto ignobile quanto largamente radicato.
In molti modi diversi, rendendosene conto o meno, ai più risulta assai facile discriminare il prossimo in una deriva razzista che fondamentalmente trae origine, come dice il Maestro, dalla paura di “sentirsi inferiori verso chi non rassomiglia a se stessi... verso il cosiddetto 'straniero'...” ovvero verso colui che con la sua “diversità” minaccia di mettere in pericolo certezze e vantaggi acquisiti.Le parole di Swami vi guidano ad una esplorazione ad ampio raggio di questa piaga sociale terribile, di cui il Maestro vi fa osservare anche gli aspetti che di norma non si è soliti contemplare, come quello descritto in una metafora molto eloquente:
“Il razzismo è proprio come un virus che può avere anche lunghissimi tempi di incubazione, nel senso che molti ne sono affetti pur senza darlo a vedere… soltanto perché non si sono ancora verificate le condizioni per manifestarlo chiaramente”.
C'è da rabbrividire al pensiero che i tragici venti di discriminazione e di odio razziale che sconvolgono tante vite e tanti popoli, non siano che la parziale manifestazione di un sommerso immensamente più grande. Eppure, seguendo le parole di Swami si giunge proprio a riflettere su questa penosa realtà, fatta di tanti animi teoricamente virtuosi... che si smentiscono non appena la presenza di un “diverso” entra concretamente nella loro vita.
Un altro insidioso risvolto di questo multiforme problema si nasconde poi in uno spazio solitamente “invisibile”; il Maestro lo mette in luce sottolineando che:
“Per quanto possano esistere delle leggi civili che giustamente condannano il razzismo, e delle leggi morali che altrettanto giustamente insegnano la tolleranza, ricordatevi che soltanto il pieno rispetto della dignità umana può sancire il trionfo della fratellanza e la definitiva sconfitta di ogni forma di segregazione”.
Esiste infatti anche una forma di razzismo difficilissima da scovare e da combattere, che si insinua nella distanza compresa tra la moralità e la spiritualità.
Aderire a dei principi morali nobili... praticandoli magari per educazione, per convenienza o anche per paura del castigo divino... non vuol dire ancora aver costruito dentro di sé una vera nobiltà d'animo, frutto di quell'interiore consapevolezza che è indispensabile ad ognuno per poter vivere pienamente il rispetto del prossimo e la fratellanza, nel loro reale significato spirituale.
Solo in questa condizione le radici del razzismo, private di ogni nutrimento, muoiono inesorabilmente.
Però, è triste constatare che questa strada è percorsa veramente da pochi, anche perché la maggior parte delle dottrine religiose contribuiscono a creare quei muri teologici e culturali che automaticamente generano discriminazione.
In fondo basterebbe comprendere che, come dice Swami:
“Il Signore è il Padre di tutti, al di sopra di ogni religione, e ai suoi occhi nessuno è più o meno importante, perché qualunque persona in qualsiasi luogo della Terra per Lui è veramente unica e irripetibile”.
Di fronte a questa verità semplice, qualcuno dirà “da bambini”, vengono smascherati tanti falsi propositi di lotta al razzismo sbandierati da coloro che da un lato predicano fratellanza e rispetto, e dall'altro insegnano che il fedele “diverso” da loro non può salvarsi.
Ben lungi da questa contraddittoria “morale double face”, fluttuante tra la tolleranza e l'intolleranza, Swami ricorda a tutti che per disinnescare la miccia sempre accesa del razzismo:
“è necessario riscoprirsi fratelli e sorelle del mondo intero, perché se veramente si è consapevoli che Dio è in ogni essere vivente, non si può insultarLo nel momento in cui Lui “indossa” i suoi vestiti neri o gialli, riconoscendoLo soltanto quando si veste di bianco”.
In molti modi diversi, rendendosene conto o meno, ai più risulta assai facile discriminare il prossimo in una deriva razzista che fondamentalmente trae origine, come dice il Maestro, dalla paura di “sentirsi inferiori verso chi non rassomiglia a se stessi... verso il cosiddetto 'straniero'...” ovvero verso colui che con la sua “diversità” minaccia di mettere in pericolo certezze e vantaggi acquisiti.Le parole di Swami vi guidano ad una esplorazione ad ampio raggio di questa piaga sociale terribile, di cui il Maestro vi fa osservare anche gli aspetti che di norma non si è soliti contemplare, come quello descritto in una metafora molto eloquente:
“Il razzismo è proprio come un virus che può avere anche lunghissimi tempi di incubazione, nel senso che molti ne sono affetti pur senza darlo a vedere… soltanto perché non si sono ancora verificate le condizioni per manifestarlo chiaramente”.
C'è da rabbrividire al pensiero che i tragici venti di discriminazione e di odio razziale che sconvolgono tante vite e tanti popoli, non siano che la parziale manifestazione di un sommerso immensamente più grande. Eppure, seguendo le parole di Swami si giunge proprio a riflettere su questa penosa realtà, fatta di tanti animi teoricamente virtuosi... che si smentiscono non appena la presenza di un “diverso” entra concretamente nella loro vita.
Un altro insidioso risvolto di questo multiforme problema si nasconde poi in uno spazio solitamente “invisibile”; il Maestro lo mette in luce sottolineando che:
“Per quanto possano esistere delle leggi civili che giustamente condannano il razzismo, e delle leggi morali che altrettanto giustamente insegnano la tolleranza, ricordatevi che soltanto il pieno rispetto della dignità umana può sancire il trionfo della fratellanza e la definitiva sconfitta di ogni forma di segregazione”.
Esiste infatti anche una forma di razzismo difficilissima da scovare e da combattere, che si insinua nella distanza compresa tra la moralità e la spiritualità.
Aderire a dei principi morali nobili... praticandoli magari per educazione, per convenienza o anche per paura del castigo divino... non vuol dire ancora aver costruito dentro di sé una vera nobiltà d'animo, frutto di quell'interiore consapevolezza che è indispensabile ad ognuno per poter vivere pienamente il rispetto del prossimo e la fratellanza, nel loro reale significato spirituale.
Solo in questa condizione le radici del razzismo, private di ogni nutrimento, muoiono inesorabilmente.
Però, è triste constatare che questa strada è percorsa veramente da pochi, anche perché la maggior parte delle dottrine religiose contribuiscono a creare quei muri teologici e culturali che automaticamente generano discriminazione.
In fondo basterebbe comprendere che, come dice Swami:
“Il Signore è il Padre di tutti, al di sopra di ogni religione, e ai suoi occhi nessuno è più o meno importante, perché qualunque persona in qualsiasi luogo della Terra per Lui è veramente unica e irripetibile”.
Di fronte a questa verità semplice, qualcuno dirà “da bambini”, vengono smascherati tanti falsi propositi di lotta al razzismo sbandierati da coloro che da un lato predicano fratellanza e rispetto, e dall'altro insegnano che il fedele “diverso” da loro non può salvarsi.
Ben lungi da questa contraddittoria “morale double face”, fluttuante tra la tolleranza e l'intolleranza, Swami ricorda a tutti che per disinnescare la miccia sempre accesa del razzismo:
“è necessario riscoprirsi fratelli e sorelle del mondo intero, perché se veramente si è consapevoli che Dio è in ogni essere vivente, non si può insultarLo nel momento in cui Lui “indossa” i suoi vestiti neri o gialli, riconoscendoLo soltanto quando si veste di bianco”.