(Swami Roberto)
Fotografando la decisiva antitesi tra speranza e rassegnazione, queste parole di Swami mi riportano alla mente un proverbio conosciuto un po' da tutti “Finché c'è vita c'è speranza”... una laica verità che, senza neanche scomodare la fede, costituisce già da sola uno sprone a compiere il primo e fondamentale passo esistenziale: non rassegnarsi mai... per non rinunciare a vivere.
Il passo successivo è poi quello di nobilitare il tipo di speranze che ciascuno sceglie di coltivare nella propria vita, perché è chiaro che quelle protese verso obiettivi umani ambiscono a traguardi che non hanno in sé la capacità di appagare pienamente la "sete" dello spirito.
Invece... la speranza che, come dice Swami, “spiana la strada all'intervento di Dio”, è quella che ha come compagna la fede e dunque mira alla Realtà che va oltre i limitati orizzonti di questa dimensione, vivificando così non soltanto l'esistenza “biologica” ma, ben di più, quella interiore.
Infatti, l'eternità della nostra individualità spirituale ci “costringe” a non accontentarci di nulla di meno di una speranza eterna perché... come il seme di una pianta non può che "sperare" di realizzarsi diventando un grande albero... così il “seme” soprannaturale del nostro spirito non può che sperare di realizzarsi nella Realtà che trascende la natura... al di là di qualsiasi, per quanto nobile, traguardo umano.
E' questa la speranza virtuosa, arricchita dalla fede, che diventa come un ponte inarcato verso il Regno dei Cieli il quale... come dice Gesù : "è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi" (Mt.13,47)
Mentre questa comune traduzione induce a pensare ad un giudizio morale nei confronti dei “pesci-credenti” che sono scartati perché “cattivi”... in realtà l'evangelista ha usato il termine “putridi” (in greco saprà), intendendo quelli che sono soggetti al processo irreversibile della “putrefazione”, perché non hanno più in sé la vita.
Dunque, non si tratta necessariamente dei “peccatori”... che possono rimanere a bordo della “barca” di Dio purché continuino a sperare in Lui e a lottare per rimediare alle proprie colpe, mediante un sincero e profondo pentimento che li faccia cambiare interiormente.
Ad essere “Gettati a mare” sono invece quanti si dimostrano privi di vita spirituale, perché diventati ormai incapaci di nutrire la speranza di poter diventare, con l'aiuto divino, delle persone migliori.
« La Speranza è una nostra cara sorella…
Se non la fai tua alleata, la tua Fede non è più ravvivata
dall'entusiasmo…
Si rattrista e ti abbandona.
La Speranza è la vita della tua Fede.
Non potrai mai avere fiducia in te stesso se non le ospiti entrambe nel pellegrinaggio della vita.
Conquistale, corteggiale, non lasciarle andare via.
Credimi, con esse al tuo fianco riuscirai nei tuoi intenti
e la Carità sarà lo splendore della loro bellezza, che si
renderà visibile attraverso le tue azioni.
Solo allora la tua devozione sarà autentica. »
(Swami Roberto)
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