Subito dopo le presentazioni, questo mio odierno interlocutore mi ha esternato le sue perplessità riguardo a quella che lui ha definito una “divinizzazione” dell'essere umano, ed io ho iniziato a rispondergli dicendo che questo concetto era da intendere sul piano dell'essenza divina del nostro Sè che, al di là della condizione limitata in cui attualmente ci troviamo, è comunque di natura spirituale... così come Dio è Spirito Eterno.
Però, dopo pochi momenti, mi sono accorto che la via di quel dialogo che stavo introducendo per spiegare alcuni aspetti del mio Pensiero spirituale, oggi non era percorribile, perché il punto di vista del mio interlocutore era esclusivamente impostato sulle Scritture cristiane, fuori dalle quali lui non era disposto ad ascoltare ragioni.
Come non di rado mi capita di dover fare, ho allora adottato il suo stesso “linguaggio”, e sono partito da uno spunto fornitomi proprio da lui con la sua odierna obiezione, che mi ha fatto venire in mente la pagina di Giovanni nella quale “i Giudei” imputano a Gesù una “bestemmia” ben precisa: “perché tu, che sei uomo, ti fai Dio” (Gv 10,33).
« In quell'occasione - gli ho fatto notare - Gesù rispose alla maniera dei Rabbini, ovvero citando le parole del Salmista (Sal 82,6) “Non è scritto nella vostra legge: Io ho detto: siete dèi?”(Gv 10,34) ».
Ho poi continuato mettendo in evidenza come questa replica di Gesù si fondasse su un concetto chiaro come il sole, e cioè che il Salmo definisce degli uomini “dèi” e “figli dell'Altissimo”, con la conseguenza che questa "divinità" e questa "figliolanza divina" competeva anche a Lui, che "il Padre ha consacrato e mandato nel mondo” (Gv 10,36).
“Sì... - ha subito puntualizzato il mio interlocutore - ma è ovvio che Gesù in quell'occasione ribadisse la sua divinità... Lui, che è Figlio di Dio, della stessa natura del Padre”.
« Certo – gli ho detto allora – ma non è altrettanto ovvio che Lui l'abbia fatto paragonando Sè stesso a degli esseri umani, rimarcando dunque nei loro confronti il “voi siete dèi”..."figli dell'Altissimo" già usato dal salmista ».
Mentre gli stavo dicendo queste cose, mi sono reso conto che attraverso questa porta “scritturistica” ero almeno riuscito ad aprire quel dialogo che prima sembrava precluso, e così ho potuto far notare al mio interlocutore una "corrispondenza" di questo versetto con un altro brano che si trova nel Vangelo, attraverso il quale Gesù ribadisce lo stesso concetto...
« L'accusa di blasfemia che i Giudei avevano rivolto a Gesù perché Lui, uomo, “si fa Dio”, è conseguente ad una Sua affermazione che molte edizioni bibliche scrivono “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30), ma che l'evangelista ha invece scritto in modo diverso ».
Gli ho poi precisato che nella versione originale in greco del Vangelo, invece di "una cosa sola" c'è scritto “siamo uno”... [ἐγὼ (io) καί (e) ὁ (il) Πατὴρ (Padre) ἕν (uno) ἐσμεν (siamo)]... e di fronte alla reazione del mio interlocutore, che tendeva a sminuire quella che lui definiva una "sottigliezza", che non alterava l'uguale significato delle due espressioni... gli ho fatto presente che non era così.
Per fargli cogliere la differenza, ho allora cominciato a parlargli del brano in cui, durante la preghiera che precede il Suo arresto, Gesù fa di nuovo uso della stessa espressione:
"Che tutti siano uno [ἵνα (che) πάντες (tutti) ἓν (uno) ὦσιν (siano)], come tu, Padre, in me e io in te, affinché siano anch'essi in noi” (Gv.17,21)... una frase che purtroppo viene anch'essa alterata in molte traduzioni bibliche, che la traducono in modo impreciso "Che tutti siano una sola cosa".
Gli ho poi fatto notare l'importanza di queste parole di Gesù che, in relazione al nostro discorso di oggi, assumono il significato di una "conferma".
« Dicendo di Sè stesso e del Padre "siamo uno", Gesù non stava semplicemente affermando che Lui era unito a Dio, quanto invece che Lui è Dio come il Padre - ho sottolineato - ed evidentemente è significativo che Lui abbia poi riutilizzato l'espressione "che tutti siano uno" in riferimento agli esseri umani ».
Poiché le successive considerazioni del mio interlocutore erano volte a sostenere che quelle espressioni usate da Gesù potessero comunque avere un significato meno "sostanziale", gli ho ricordato come, nella cultura ebraica di quel tempo, fosse possibile essere chiamati "figli di Dio" secondo il principio che chi obbediva alla Volontà di Dio, diventava Suo figlio... nel senso che si univa alla Sua Realtà divina.
« Pertanto - ho poi aggiunto - se Gesù si fosse espresso nei termini di una Sua semplice unione a Dio... il problema di "blasfemia" sollevato dai Giudei non si sarebbe creato.
Invece, Gesù ha detto una cosa ben diversa... "Io e il Padre siamo Uno"... affermando cioè in modo chiaro la Sua divinità, tant'è vero che proprio per questo i Giudei Lo hanno accusato "Tu ti fai Dio"(Gv 10,33)... altrimenti non avrebbero avuto ragione di imputargli di aver pronunciato "una bestemmia" (Gv 10,33).
Per conseguenza, è assolutamente significativo che poi Gesù abbia fatto uso della stessa espressione anche in riferimento agli esseri umani, che in precedenza aveva peraltro già definito "dèi", citando le parole del salmista ».
Questa mia "lettura" evangelica ha ottenuto l'effetto di far "sgonfiare" l'iniziale obiezione del mio interlocutore, e in men che non si dica il nostro incontro si è concluso.
Mentre mi salutava, si è ripromesso di rifletterci un po' su, ma in ogni caso... quel che è certo è che adesso lui ha degli elementi in più per sperimentare quell'evangelico principio di cui già vi parlai nel post « Questioni di... "come" »... e che è ricordato da queste parole di Gesù : “Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?” (Lc 10,26).
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