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giovedì 21 giugno 2018

Padre Nostro... e Brahman

« In lui viviamo,
ci muoviamo
ed esistiamo »
(Atti degli Apostoli 17,28)

« Colui dal quale tutti gli esseri sono nati;
in virtù del quale, una volta nati, vivono,
nel quale alla fine della loro vita ritornano:
costui cerca di conoscere! Esso è Brahman.»
(Taittiriya Upanishad III,I)

Questi due “assonanti” versetti, tratti rispettivamente dai biblici Atti degli Apostoli e dalle vediche Upanishad, si riferiscono entrambi al Dio eterno.
Gesù ci ha invitati ad invocarLo con il nome di Padre Nostro... mentre nell'Induismo Esso viene designato con il termine sanscrito Brahman, l'assoluto immutabile ed eterno al quale i fedeli si rivolgono per esempio con l'espressione sadcidānanda, riconoscendoLo in quanto Essere (Sat), Coscienza (Cit) e Beatitudine (Ānanda).
Questo tipo di parallelismi interreligiosi viene oggi avversato da certi moderni teologi cristiani che amano sbandierare lo “spauracchio” del sincretismo, ovvero di un inopportuno mescolamento di concetti religiosi diversi.
Si tratta, evidentemente, di cristiani che dimenticano l'esempio dato proprio da Paolo di Tarso il quale, non per "mescolare" bensì per costruire dei “ponti” con la mentalità filosofica degli ateniesi, pronunciò il celebre discorso nell'Areopago dal quale è tratto il brano degli Atti degli Apostoli sopra citato.


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