Dall'isola africana di Zanzibar, adagiata sull'oceano indiano di fronte alle coste della Tanzania, proviene un racconto popolare che dice così:
“Una donna si recò ad una fonte di acqua sorgiva: un piccolo specchio tremolante, limpidissimo, tra gli alberi del bosco.
Mentre immergeva l'anfora per attingere, scorse sotto il pelo dell'acqua un grosso frutto roseo, così bello che sembrava dire: “Prendimi!”
Allungò il braccio per coglierlo, ma quello sparì, e ricomparve soltanto quando la donna ritirò la mano dall'acqua. Così per due o tre volte.
Allora la donna si mise ad estrarre l'acqua per prosciugare la fonte.
Lavorò a lungo, sempre tenendo d'occhio il frutto misterioso; ma quando ebbe estratto tutta l'acqua, s'accorse che il frutto non c'era più.
Delusa per quell'incantesimo, stava per andarsene via, quando udì una voce tra gli alberi (era l'Uccellino Belvedere, quello che vede sempre tutto):
“Perché cerchi in basso? Il frutto sta lassù...”
La donna alzò gli occhi e, appeso ad un ramo sopra la fonte, scorse il bellissimo frutto, di cui nell'acqua aveva visto soltanto il riflesso.
Non accade un po' così a tutti noi, quando cerchiamo terra terra, o addirittura nel pozzo, quel bene che sta in alto?"
missione di solidarietà durante la quale, proprio in questo periodo di gennaio di 12 anni fa, incontrai il popolo dal quale proviene...
E poi, mi fa pensare al fatto che... ad ogni latitudine... i “desideri” che meritano di essere coltivati e raggiunti sono quelli che restano fedeli alla loro “provenienza” etimologica [“de-sideribus”, dal latino “sidera” (stella)], cioè quelli che guardano verso l'alto, nella direzione di quel “firmamento” divino in cui si trovano i "frutti" che hanno il sapore di Eternità.