lunedì 25 aprile 2016

L'angelica farfalla

Una variopinta farfalla che oggi ho ammirato mentre volteggiava davanti a me... mi ha fatto tornare in mente un verso dell'eccelso Dante Alighieri, che sono così andato a rileggere dalla sua Divina Commedia: 

« Non v'accorgete voi che noi siam vermi
nati a formar l'angelica farfalla,
che vola a la giustizia sanza schermi?  »
(Purgatorio, X, 124-126)

A causa di ciò che è facile osservare in natura, fin dall'antichità la farfalla è un'immagine tradizionalmente usata per rappresentare l'anima.
Il bruco che striscia al suolo, o su una pianta, si presta infatti a rappresentare la vita terrestre dell'essere umano la cui anima, quando avrà lasciato sul terreno il corpo esanime, potrà "volare" nella dimensione invisibile... un po' come l'agile farfalla, dopo che avrà lasciato l'involucro indossato finché era “verme”, potrà finalmente librarsi in volo...

Oltre che in varie religioni e filosofie antiche, questa metafora è “di casa” nel Cristianesimo... anche per una significativa caratteristica del Nuovo Testamento, nel quale l'anima viene indicata con il vocabolo greco psychè, utilizzato per ben un centinaio di volte da parte dei vari autori.
Si tratta di un termine che nella lingua greca designa sia l'anima che la farfalla e dunque, fin dalla sua origine etimologica, "suggerisce" il sopracitato parallelismo tra la "metamorfosi"... mediante la quale la crisalide si trasforma nella creatura alata... e il momento in cui l'anima dell'essere umano, lasciando le spoglie del corpo mortale, entra in uno stato "volatile", non più imprigionato dai limiti corporali.

Stimolato da questa immagine metaforica... ripenso oggi al concetto teologico di cui già vi parlai nel post “Dalla fine di tutto... alla vita eterna”, nel quale evidenziavo la differenza esistente tra il principio di “resurrezione spirituale” contemplato dal pensiero escatologico di Anima Universale... e la "resurrezione spirituale-corporale" contemplata invece dalle dottrine di altre Chiese cristiane.
Queste ultime possono evidentemente interpretare la metafora suggerita dal vocabolo evangelico psyché come se, per giungere “a destinazione” nell'Eternità di Dio, la farfalla-anima dovesse ad un certo punto "riesumare" (in un modo non ben precisato) le "spoglie" corporali di quando era “verme-bruco”...
Diversamente da queste dottrine... il mio pensiero spirituale cristiano-ramirico mi fa invece leggere la stessa metafora in direzione “ascensionale” nel senso che... oltre a non tornare indietro a "recuperare" il corpo terreno di quando era "verme"... la psychè/farfalla ad un certo punto dovrà anche abbandonare il suo "corpo leggero/etereo"... che è anch'esso un "corpo"... affinchè l'essenza, cioè lo spirito, possa far ritorno all'Eternità di Dio.

Si tratta, evidentemente, di due prospettive ben diverse ma... al di là delle motivazioni teologiche-confessionali che portano a propendere per l'una o per l'altra... non può essere ignorato un dato di fatto:
Quando gli autori neotestamentari scelsero il termine psyché, erano ovviamente al corrente del significato attribuito a questo vocabolo dal pensiero platonico, che concepiva l'anima come un principio immortale ed immateriale... preesistente al corpo e di natura diversa dallo stesso corpo.
Ora... pur se è evidente che il pensiero religioso per sua natura si differenzia dal pensiero filosofico, ed ogni dottrina teologica segue percorsi diversi dalla mera speculazione razionale... io oggi penso ad un interrogativo che i cristiani che credono nel concetto di "resurrezione del corpo" potrebbero porsi :
Come mai gli autori neotestamentari non hanno usato l'ebraico nefesh, (che secondo l'antica mentalità semitica concepisce l'anima "integrata" con il corpo) o un termine che avesse questo significato... ma hanno invece scelto di usare proprio il vocabolo psyché, cioè una parola che sin dall'antichità greca designa la parte immateriale dell'essere umano, con un significato filosoficamente inconciliabile con l'idea di resurrezione del corpo ?

Lasciando ai fautori della "resurrezione anche corporale" dell'essere umano l'incombenza di "spiegare" questa circostanza (che, nella loro prospettiva, è quantomeno portatrice del "rischio" di fare confusione)... io invece osservo, alla luce del mio pensiero spirituale cristiano-ramirico, che il vocabolo psyché scelto dagli autori del Nuovo Testamento "combacia" perfettamente con la mia prospettiva escatologica... che concepisce la resurrezione della sola parte spirituale dell'essere umano.

Ecco allora che oggi... pur senza annullare le differenze che ovviamente esistono tra la concezione filosofica-platonica di "anima" (che designa in senso lato la parte incorporea dell'essere umano)... e la concezione religiosa di "anima" propria del Cristianesimo ramirico (secondo la quale la parte incorporea dell'essere umano si compone di "anima" e "spirito")...  io posso osservare la metafora suggerita dal termine psyché-anima nel suo significato più naturale :
Posso infatti leggerla come un richiamo simbolico alla "metamorfosi" verso cui è rivolta la parte animica-spirituale dell'essere umano... che, come un'"angelica farfalla", anela ad abbandonare ogni legame con la dimensione materiale, per "alzarsi in volo" verso l'Eternità di Dio.


Puntata successiva: Anima... e spirito


Torna all'indice: "Autoscatti sulla mia fede"