BLASFEMIA "TRAVESTITA"
« La blasfemia è necessaria per chi vuole convincersi che tutto è "vuoto" »
(Swami Roberto)
« La blasfemia è necessaria per chi vuole convincersi che tutto è "vuoto" »
(Swami Roberto)
Ciò che più mi ha colpito alla prima
lettura di questa frase di Swami, è la parola "necessaria"... riferita ad
un atto riprovevole qual è la "blasfemia", ovvero l'attacco dissacratorio verso Dio e la religione.
Se infatti l'abitudine a praticare la blasfemia è
talmente diffusa che non ci si può stupire di incontrarla un po' ovunque, ed in svariate
forme... l'idea che per qualcuno si tratti di una pratica addirittura "necessaria" mi ha spinto a riflettere in particolare sulle ultime parole di Swami: "per chi vuole
convincersi che tutto è vuoto".
Ho allora iniziato a pensare a quanti si trovano nella triste condizione di sperimentare questo vuoto "totalizzante" nella loro esistenza, perché pensano che non ci sia nulla che va aldilà della propria vita biologica, con i suoi bisogni esclusivamente materiali...
Poi, mi son detto che... in effetti... un modo che queste persone possono trovare per "convincersi" che questo loro "vuoto" sia l'unica vera realtà, è quello di screditare la "pienezza" che altri professano di aver trovato, individuando così in Dio e nella religione uno dei primi obiettivi da profanare.
Però, il campo di azione della blasfemia non si esaurisce di certo qui e, pungolato dalle parole di Swami, io oggi penso anche al fatto che, paradossalmente, la blasfemia è spesso "adottata" da coloro che per definizione dovrebbero esserne le vittime, e che invece ne fanno a loro volta un uso meschino.
Mi riferisco a quei rappresentanti religiosi che da un lato issano il Sacro a "bandiera" della propria vita... e poi non si fanno il minimo problema ad esprimere parole ed azioni blasfeme nei confronti del Sacro altrui, cioè della fede di quei credenti che appartengono ad una religione diversa dalla loro.
MALEDETTI ASSASSINI
« Un pericoloso errore spirituale si compie quando si GIUSTIFICANO con la parola IGNORANZA certi terroristi che, invece, sono assai CONSAPEVOLI degli orrori che compiono. Questi creano dei filmati alla " Hollywood " per far vedere al mondo la loro volontà diabolica, mentre sgozzano o bruciano vive le persone. Attenzione dunque: questi NON devono mai essere giustificati in alcun modo. Il Padre Nostro non sta dalla parte dei malvagi. E neppure io. »
(Swami Roberto)
Queste parole di Swami mi fanno oggi pensare al fondamentale tema della libertà dell'essere umano che, sempre rispettata da Dio, è la causa del bene e del male che l'umanità fa esistere nel mondo.
Pur se, in larghissima misura, il male viene creato dalle scelte sbagliate di molti che, a causa dell'imperfezione, compiono dei passi falsi nel loro percorso di libertà orientato comunque verso la Luce di Dio... ci sono però anche tanti casi, ed è importante non dimenticarsene mai, nei quali il male non è il frutto di un "incidente di percorso", di una libertà usata male... bensì di una libertà usata ahimè "benissimo" per perseguire i propri consapevoli scopi: mettersi a servizio del male stesso.
Il quale, poi, non è quella realtà astratta che alcuni immaginano destinata alla fin fine ad essere "riassorbita" da Dio...
Al di là che ci sono vari modi per definirlo, io oggi penso ad uno che è senza dubbio tra i più “pertinenti” e che si trova nel Vangelo di Giovanni, all'interno del quale per ben tre volte (Gv 12,31; 14,30; 16,11) Gesù parla di satana usando l'espressione “principe del mondo”.
Ora... il termine “principe” è un titolo di sovranità, ovvero di potere sul mondo, che Gesù non ha certo usato “per sbaglio”, o in un generico senso “figurato” come molti cercano di convincersi.
In realtà... come ci dice il Gesù giovanneo ma come possiamo ahimè constatare noi stessi ogni giorno... in questo mondo la presenza del male è realissima, perché reale e niente affatto ignorante è la scelta che evidentemente molti hanno compiuto: aderire al “principato” di colui che dall'alba dei tempi ha definitivamente deciso di rifiutare la Luce di Dio... non per ignoranza, ma perché tra la Luce e le tenebre ha coscientemente scelto le tenebre... al punto che "è già giudicato" (Gv.16,11).
Questo “è già giudicato” è un aspetto da tenere sempre bene a mente anche perché, non dimentichiamolo, siccome il ruolo del male è anche quello di essere tentatore (Lc.4,1-13)... tra i modi che lui ha di intralciare il cammino dei figli della Luce non c'è solo quello palese di innestare la spirale dell'odio e della vendetta e poi di alimentarla il più possibile... ma c'è anche quello di accattivarsi, a mo' di "sanguisuga", una qualche forma di “comprensione”, compresa quella di essere giudicato-giustificato come un ignorante potenzialmente “convertibile”, anziché come un “intelligente” diabolicamente schierato contro Dio.
Ecco allora che le parole di Swami oggi suonano da monito perché non si cada in questo tranello e perché, di fronte alla constatazione del male che si dichiara e che mostra la sua faccia atroce e spietata, ognuno possa rispondere con la risolutezza che Gesù ha insegnato: « Vista sulla via una pianta di fico, si avvicinò ad essa; ma non vi trovò che foglie; allora, rivolto ad essa, disse: “Non avvenga più che tu porti frutto, in eterno”. E all'istante il fico seccò ». (Mt.21,18)... aggiungendo poi... « se avrete fede senza esitare, non soltanto potrete fare quello che è accaduto al fico »... « tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, l'otterrete”.
Ebbene... chi vuole ripetere a sua volta il "neppure io" pronunciato da Swami, non può lasciare alcun spazio di comprensione ai malvagi che, diabolicamente, dimostrano di essersi definitivamente schierati dalla parte del male, e dunque "meritano" unicamente la preghiera: “Non avvenga più che tu porti frutto, in eterno”.
TUTTI PROTAGONISTI
Qualche settimana fa Swami ha scritto una frase che, ne sono certo, a qualcuno sarà sembrata un po' "severa":
« Si dice che la vita è un’illusione…
L’unica illusione in realtà è nella tua testa, se pensi che la gente si taglierebbe un’unghia per te, o se credi nella fedeltà umana.
Tutti si danno da fare per nutrire i loro interessi e per gonfiare il proprio protagonismo…
Se per caso aiutarti li fa sentire vivi allora hai qualche speranza. Se la tua causa li fa sentire importanti, forse ti seguono… ma per amore della verità pochi si sacrificano davvero. »
(Swami Roberto)
Davanti alla parola “Tutti", che Swami usa riferendosi a quanti "si danno da fare per nutrire i loro interessi e per gonfiare il proprio egoismo”... qualcuno avrà pensato che questa espressione contraddice l'esperienza, difficile ma non impossibile, di incontrare delle persone che spendono la loro vita per gli altri.
In realtà... l'apparente contraddizione immediatamente svanisce se, anziché leggere questo "tutti" come se fosse solo un "indice" puntato verso gli altri, lo si guarda come un "quadro d'insieme" che ovviamente comprende anche ciascuno di noi, che siamo dunque chiamati a renderci conto di una "solare" evidenza:
Tutte le persone della terra fanno parte dell'umanissima barca degli egoisti o peccatori che dir si voglia... come peraltro ricordava anche questo opportuno commento alla sopracitata frase tratta da "photos by Swami".
Pensando invece a quanti si sentono "esclusi" da questa barca, perché convinti di fare il bene senza nulla chiedere in cambio, mi vengono in mente il pubblicano e il fariseo della parabola lucana (Lc.18,9-14), entrambi nel Tempio a pregare, l'uno in prima fila a compiacersi della propria rettitudine... l'altro in fondo a rammaricarsi dei propri errori e limiti... e a pentirsene.
Com'è noto, a tornare a casa giustificato è proprio quest'ultimo, consapevole dei propri peccati, e dunque “disinfettato” da quel peccato di orgoglio che... irrimediabilmente... attanaglia chi si ritiene a posto con la propria coscienza e dunque, "estendendo" il concetto, anche chi “si chiama fuori” dal “tutti” di cui ci parla Swami.
In questa chiave, il messaggio della sua frase giunge quindi forte e chiaro: l'ego di ogni persona è smisuratamente pericoloso anche, e soprattutto, quando sa nascondersi molto bene... per esempio dietro il bene che molti fanno per “amore di se stessi”... e che invece pochi fanno, come dice Swami, “per amore della verità”.
Queste "mosche bianche" sanno conservare la "perla" dell'umiltà nel loro umano "desiderio" di protagonismo... che è naturalmente presente anche in chi fa il bene... e così restituiscono al loro “de-sideràre” la sua più nobile natura, quella di “fissare le stelle” di Dio (da "sidera" che in latino significa "stelle")... e non le fatue "stelle filanti" del terreno amor proprio.
In fondo, come ci ricorda spesso Swami, onde evitare di essere degli "zombi" il nostro primario interesse deve essere proprio questo: diventare protagonisti... sì... ma al servizio della Carità, con la consapevolezza di non avere meriti...
«Tutto passa, tutto “era”.
Non c'è “era” nella nuova Era.
Non conta ciò che era, né quel che sarà...
Conti solo tu, che mai eri, perché nell'Eterno sempre sei! ».
(Swami Roberto)
Come se fossero una marea montante, le “ondate" successive di questo pensiero mi raggiungono trasportandomi nel “sempre presente” dell'Eterno, là dove... dice Swami a ciascuno di noi... “tu sempre sei!”
E' proprio l'illimitata continuità di questo "sempre", che mi fa venire in mente come la meta spirituale dell'Eternità ovviamente non appartenga al passato ma... in quanto dimensione a-temporale... neanche a quel futuro nel quale molti sono invece abituati a relegarla.
Mi riferisco non soltanto a quei credenti che "umanizzano" il paradiso eterno, immaginandoselo in termini di tempo e spazio... ma anche a quegli "addetti ai lavori" che, per esempio, hanno scritto la frase contenuta del catechismo cattolico “la vita eterna inizierà subito dopo la morte” (Compendio art.207) della quale un giorno mi parlò una persona che si chiedeva... come possa iniziare ciò che per definizione non può avere inizio.
Fuori da questa ed altre contraddittorietà mi guida il “sempre sei” di Swami che... cancellando il paradosso di una Eternità immaginata con un inizio nel tempo futuro... mi spinge oggi verso un importante concetto spirituale che si trova in vari passaggi del Vangelo di Giovanni, come per esempio: "Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita" (Gv. 5,24).
Significativamente, il quarto evangelista non dice "avrà", bensì "ha" la vita eterna... e non dice "passerà", bensì "è passato", legando questa conquista spirituale all'ascolto della parola e alla fede in Cristo, e non ad un evento ancora da realizzarsi, da collocare necessariamente nel futuro.
Questo peculiare concetto giovanneo di “vita eterna”, chiamato dagli studiosi "escatologia anticipata", mi ricongiunge così alla frase di Swami dalla quale sono partito, e precisamente a quelle parole “non conta ciò che era, ne quel che sarà” che ci parlano di una salvezza che non appartiene ad un futuro aldilà... ma va invece conquistata nell'aldiquà... adesso.
«Per non perdere la coincidenza... devi coincidere. »
(Swami Roberto)
Per salire sul treno della salvezza eterna, la “coincidenza” da non perdere è infatti quella di un presente da vivere in maniera combaciante con l' "Eterno Presente" di Dio, al fine di realizzare già ora, nella nostra attuale incarnazione, quella vita piena... in greco “zōē”... che ancora il Gesù giovanneo non promette che darà, bensì che fin d'ora da' a quanti “conoscono”, e dunque “amano” il Cristo: “Questa è la vita (zōē) eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo” (Gv.17,3).
E' questa la verità che, una volta "rispolverata"... mette con le "spalle al muro" tutti quei fedeli della procastinazione che si illudono di salvarsi in un futuro aldilà al quale rinviano ciò che potrebbero e dovrebbero fare oggi... e mi ricongiunge invece alle parole di Swami, che soffiano nei miei pensieri la realtà di una salvezza che viene conquistata solo da quanti... già nell'aldiquà... decidono di stare per davvero dalla parte dell'Eterno.
«Non devo pensare a Dio, ma devo essere in Dio ».
(Swami Roberto)
VERBO INCARNATO... E NON INCARTATO
« Le persone non ricordano sempre quello che hai detto.
Purtroppo ricordano di più le sensazioni che hanno provato mentre gli parlavi. »
(Swami Roberto)
Anche se inizialmente queste parole di Swami mi hanno fatto pensare all'ambito dei rapporti interpersonali, quotidianamente complicati dalla comune tendenza a dar retta alle sensazioni piuttosto che ai contenuti... mi è poi venuto in mente un altro piano di comunicazione nel quale questa inclinazione può fare danni ancora più gravi.
Mi riferisco alla Parola di Dio, che molti credenti “amano” sul piano delle sensazioni, magari cullandosi a contemplarne la bellezza... ma guardandosi bene dal trasportarla nel decisivo piano della comprensione, e poi negli atti concreti della loro vita.
Accogliere in noi la Parola divina significa invece accettare che Essa svolga il suo compito... ovvero "offendere" le comodità del nostro quieto vivere, sradicare i nostri sbagliati modi di essere e provocare la nostra coscienza per muoverla a reazione... ed è evidente che tutto ciò non si concilia con le aspettative dell'amor proprio.
Nella mia esperienza di vita, è stato in concomitanza con l'ascolto del Suono unico ed inconfondibile della voce di Swami, che per la prima volta sono riuscito a far tesoro della Parola di Dio lasciando che incidesse i suoi “salutari” solchi nel terreno delle mie pacifiche consuetudini, ed è stato solo attraverso questa scomoda ma benefica “aratura” che Cristo è tornato al centro della mia vita.
Di certo, ciò non sarebbe mai accaduto se gli insegnamenti di Swami non mi avessero fatto passare dalla mia precedente esperienza meramente intellettuale del “Verbo incartato”, che fondamentalmente non aveva minimamente scalfito i miei mondani modi di essere... a quella vitale del “Verbo incarnato”, che è diventato il divino nutrimento del mio percorso interiore.
A partire da allora... io so bene che il mio rapporto con la Parola di Dio è realmente fruttuoso solo quando, ben al di là del piano delle sensazioni, riesco ad operare quel tipo di ascolto che per esempio in ebraico è espresso dal vocabolo shama', che significa al contempo “ascoltare” ed “obbedire”... non per un obbligo imposto da Dio, che sempre ci lascia liberi... bensì per un nostro atto di volontà “obbediente”.
E' questo in realtà l'unico modo per nutrirsi di quel “Pane di vita” che, com'è ovvio, non può certo dare beneficio a chi invece si limita ad “annusarlo”.
"Molti parlano di spiritualità, MA questo altissimo tesoro appartiene soltanto a chi la pratica."
(Swami Roberto)
Ho allora iniziato a pensare a quanti si trovano nella triste condizione di sperimentare questo vuoto "totalizzante" nella loro esistenza, perché pensano che non ci sia nulla che va aldilà della propria vita biologica, con i suoi bisogni esclusivamente materiali...
Poi, mi son detto che... in effetti... un modo che queste persone possono trovare per "convincersi" che questo loro "vuoto" sia l'unica vera realtà, è quello di screditare la "pienezza" che altri professano di aver trovato, individuando così in Dio e nella religione uno dei primi obiettivi da profanare.
Però, il campo di azione della blasfemia non si esaurisce di certo qui e, pungolato dalle parole di Swami, io oggi penso anche al fatto che, paradossalmente, la blasfemia è spesso "adottata" da coloro che per definizione dovrebbero esserne le vittime, e che invece ne fanno a loro volta un uso meschino.
Mi riferisco a quei rappresentanti religiosi che da un lato issano il Sacro a "bandiera" della propria vita... e poi non si fanno il minimo problema ad esprimere parole ed azioni blasfeme nei confronti del Sacro altrui, cioè della fede di quei credenti che appartengono ad una religione diversa dalla loro.
Visto che "l'albero
si vede dai frutti"... anche queste folte schiere di religiosi integralisti
ed intolleranti dimostrano che il "dio" in cui dicono di
credere, è invece il "vuoto" della loro fede... che si rivela falsa nel momento in cui non contempla l'amore del prossimo e dunque il rispetto della diversità.
E' questo il caso in cui la "blasfemia", travestita da "convinzione religiosa", trova il modo per diffondere la cultura della discriminazione... ahimè... “in nome di Dio”.
« Non si confonda il fumo dell'incenso tanto gradito al Padre con il fumo della subdola dittatura che si diffonde nell'aria »
(Swami Roberto)
In fondo... la necessità di dissacrare i valori altrui è la prova della debolezza di chi non conosce altro modo per cercare di imporre le sue "perdenti" convinzioni.
Al contrario... non hanno nessuna necessità di essere blasfemi né quei credenti che sono veramente forti nella loro fede... né quei non-credenti che, in nome di valori laici quali la libertà, l'uguaglianza e la fraternità... coltivano le loro convinzioni senza nessun “bisogno” di mancare di rispetto ai valori... religiosi o non religiosi... in cui altre persone credono.
P.S. - A proposito di questo argomento, ieri ramia Riccardo ha pubblicato sul suo sito facebook un post che "casca a fagiolo":
E' questo il caso in cui la "blasfemia", travestita da "convinzione religiosa", trova il modo per diffondere la cultura della discriminazione... ahimè... “in nome di Dio”.
« Non si confonda il fumo dell'incenso tanto gradito al Padre con il fumo della subdola dittatura che si diffonde nell'aria »
(Swami Roberto)
In fondo... la necessità di dissacrare i valori altrui è la prova della debolezza di chi non conosce altro modo per cercare di imporre le sue "perdenti" convinzioni.
Al contrario... non hanno nessuna necessità di essere blasfemi né quei credenti che sono veramente forti nella loro fede... né quei non-credenti che, in nome di valori laici quali la libertà, l'uguaglianza e la fraternità... coltivano le loro convinzioni senza nessun “bisogno” di mancare di rispetto ai valori... religiosi o non religiosi... in cui altre persone credono.
P.S. - A proposito di questo argomento, ieri ramia Riccardo ha pubblicato sul suo sito facebook un post che "casca a fagiolo":
MALEDETTI ASSASSINI
« Un pericoloso errore spirituale si compie quando si GIUSTIFICANO con la parola IGNORANZA certi terroristi che, invece, sono assai CONSAPEVOLI degli orrori che compiono. Questi creano dei filmati alla " Hollywood " per far vedere al mondo la loro volontà diabolica, mentre sgozzano o bruciano vive le persone. Attenzione dunque: questi NON devono mai essere giustificati in alcun modo. Il Padre Nostro non sta dalla parte dei malvagi. E neppure io. »
(Swami Roberto)
Queste parole di Swami mi fanno oggi pensare al fondamentale tema della libertà dell'essere umano che, sempre rispettata da Dio, è la causa del bene e del male che l'umanità fa esistere nel mondo.
Pur se, in larghissima misura, il male viene creato dalle scelte sbagliate di molti che, a causa dell'imperfezione, compiono dei passi falsi nel loro percorso di libertà orientato comunque verso la Luce di Dio... ci sono però anche tanti casi, ed è importante non dimenticarsene mai, nei quali il male non è il frutto di un "incidente di percorso", di una libertà usata male... bensì di una libertà usata ahimè "benissimo" per perseguire i propri consapevoli scopi: mettersi a servizio del male stesso.
Il quale, poi, non è quella realtà astratta che alcuni immaginano destinata alla fin fine ad essere "riassorbita" da Dio...
Al di là che ci sono vari modi per definirlo, io oggi penso ad uno che è senza dubbio tra i più “pertinenti” e che si trova nel Vangelo di Giovanni, all'interno del quale per ben tre volte (Gv 12,31; 14,30; 16,11) Gesù parla di satana usando l'espressione “principe del mondo”.
Ora... il termine “principe” è un titolo di sovranità, ovvero di potere sul mondo, che Gesù non ha certo usato “per sbaglio”, o in un generico senso “figurato” come molti cercano di convincersi.
In realtà... come ci dice il Gesù giovanneo ma come possiamo ahimè constatare noi stessi ogni giorno... in questo mondo la presenza del male è realissima, perché reale e niente affatto ignorante è la scelta che evidentemente molti hanno compiuto: aderire al “principato” di colui che dall'alba dei tempi ha definitivamente deciso di rifiutare la Luce di Dio... non per ignoranza, ma perché tra la Luce e le tenebre ha coscientemente scelto le tenebre... al punto che "è già giudicato" (Gv.16,11).
Questo “è già giudicato” è un aspetto da tenere sempre bene a mente anche perché, non dimentichiamolo, siccome il ruolo del male è anche quello di essere tentatore (Lc.4,1-13)... tra i modi che lui ha di intralciare il cammino dei figli della Luce non c'è solo quello palese di innestare la spirale dell'odio e della vendetta e poi di alimentarla il più possibile... ma c'è anche quello di accattivarsi, a mo' di "sanguisuga", una qualche forma di “comprensione”, compresa quella di essere giudicato-giustificato come un ignorante potenzialmente “convertibile”, anziché come un “intelligente” diabolicamente schierato contro Dio.
Ecco allora che le parole di Swami oggi suonano da monito perché non si cada in questo tranello e perché, di fronte alla constatazione del male che si dichiara e che mostra la sua faccia atroce e spietata, ognuno possa rispondere con la risolutezza che Gesù ha insegnato: « Vista sulla via una pianta di fico, si avvicinò ad essa; ma non vi trovò che foglie; allora, rivolto ad essa, disse: “Non avvenga più che tu porti frutto, in eterno”. E all'istante il fico seccò ». (Mt.21,18)... aggiungendo poi... « se avrete fede senza esitare, non soltanto potrete fare quello che è accaduto al fico »... « tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, l'otterrete”.
Ebbene... chi vuole ripetere a sua volta il "neppure io" pronunciato da Swami, non può lasciare alcun spazio di comprensione ai malvagi che, diabolicamente, dimostrano di essersi definitivamente schierati dalla parte del male, e dunque "meritano" unicamente la preghiera: “Non avvenga più che tu porti frutto, in eterno”.

Qualche settimana fa Swami ha scritto una frase che, ne sono certo, a qualcuno sarà sembrata un po' "severa":
« Si dice che la vita è un’illusione…
L’unica illusione in realtà è nella tua testa, se pensi che la gente si taglierebbe un’unghia per te, o se credi nella fedeltà umana.
Tutti si danno da fare per nutrire i loro interessi e per gonfiare il proprio protagonismo…
Se per caso aiutarti li fa sentire vivi allora hai qualche speranza. Se la tua causa li fa sentire importanti, forse ti seguono… ma per amore della verità pochi si sacrificano davvero. »
(Swami Roberto)
Davanti alla parola “Tutti", che Swami usa riferendosi a quanti "si danno da fare per nutrire i loro interessi e per gonfiare il proprio egoismo”... qualcuno avrà pensato che questa espressione contraddice l'esperienza, difficile ma non impossibile, di incontrare delle persone che spendono la loro vita per gli altri.
In realtà... l'apparente contraddizione immediatamente svanisce se, anziché leggere questo "tutti" come se fosse solo un "indice" puntato verso gli altri, lo si guarda come un "quadro d'insieme" che ovviamente comprende anche ciascuno di noi, che siamo dunque chiamati a renderci conto di una "solare" evidenza:
Tutte le persone della terra fanno parte dell'umanissima barca degli egoisti o peccatori che dir si voglia... come peraltro ricordava anche questo opportuno commento alla sopracitata frase tratta da "photos by Swami".
Pensando invece a quanti si sentono "esclusi" da questa barca, perché convinti di fare il bene senza nulla chiedere in cambio, mi vengono in mente il pubblicano e il fariseo della parabola lucana (Lc.18,9-14), entrambi nel Tempio a pregare, l'uno in prima fila a compiacersi della propria rettitudine... l'altro in fondo a rammaricarsi dei propri errori e limiti... e a pentirsene.
Com'è noto, a tornare a casa giustificato è proprio quest'ultimo, consapevole dei propri peccati, e dunque “disinfettato” da quel peccato di orgoglio che... irrimediabilmente... attanaglia chi si ritiene a posto con la propria coscienza e dunque, "estendendo" il concetto, anche chi “si chiama fuori” dal “tutti” di cui ci parla Swami.
In questa chiave, il messaggio della sua frase giunge quindi forte e chiaro: l'ego di ogni persona è smisuratamente pericoloso anche, e soprattutto, quando sa nascondersi molto bene... per esempio dietro il bene che molti fanno per “amore di se stessi”... e che invece pochi fanno, come dice Swami, “per amore della verità”.
Queste "mosche bianche" sanno conservare la "perla" dell'umiltà nel loro umano "desiderio" di protagonismo... che è naturalmente presente anche in chi fa il bene... e così restituiscono al loro “de-sideràre” la sua più nobile natura, quella di “fissare le stelle” di Dio (da "sidera" che in latino significa "stelle")... e non le fatue "stelle filanti" del terreno amor proprio.
In fondo, come ci ricorda spesso Swami, onde evitare di essere degli "zombi" il nostro primario interesse deve essere proprio questo: diventare protagonisti... sì... ma al servizio della Carità, con la consapevolezza di non avere meriti...
bensì limiti da superare. Amen.
L'ALDILÀ...
NELL'ALDIQUÀ
«Tutto passa, tutto “era”.
Non c'è “era” nella nuova Era.
Non conta ciò che era, né quel che sarà...
Conti solo tu, che mai eri, perché nell'Eterno sempre sei! ».
(Swami Roberto)
Come se fossero una marea montante, le “ondate" successive di questo pensiero mi raggiungono trasportandomi nel “sempre presente” dell'Eterno, là dove... dice Swami a ciascuno di noi... “tu sempre sei!”
E' proprio l'illimitata continuità di questo "sempre", che mi fa venire in mente come la meta spirituale dell'Eternità ovviamente non appartenga al passato ma... in quanto dimensione a-temporale... neanche a quel futuro nel quale molti sono invece abituati a relegarla.
Mi riferisco non soltanto a quei credenti che "umanizzano" il paradiso eterno, immaginandoselo in termini di tempo e spazio... ma anche a quegli "addetti ai lavori" che, per esempio, hanno scritto la frase contenuta del catechismo cattolico “la vita eterna inizierà subito dopo la morte” (Compendio art.207) della quale un giorno mi parlò una persona che si chiedeva... come possa iniziare ciò che per definizione non può avere inizio.
Fuori da questa ed altre contraddittorietà mi guida il “sempre sei” di Swami che... cancellando il paradosso di una Eternità immaginata con un inizio nel tempo futuro... mi spinge oggi verso un importante concetto spirituale che si trova in vari passaggi del Vangelo di Giovanni, come per esempio: "Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita" (Gv. 5,24).
Significativamente, il quarto evangelista non dice "avrà", bensì "ha" la vita eterna... e non dice "passerà", bensì "è passato", legando questa conquista spirituale all'ascolto della parola e alla fede in Cristo, e non ad un evento ancora da realizzarsi, da collocare necessariamente nel futuro.

«Per non perdere la coincidenza... devi coincidere. »
(Swami Roberto)
Per salire sul treno della salvezza eterna, la “coincidenza” da non perdere è infatti quella di un presente da vivere in maniera combaciante con l' "Eterno Presente" di Dio, al fine di realizzare già ora, nella nostra attuale incarnazione, quella vita piena... in greco “zōē”... che ancora il Gesù giovanneo non promette che darà, bensì che fin d'ora da' a quanti “conoscono”, e dunque “amano” il Cristo: “Questa è la vita (zōē) eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo” (Gv.17,3).

«Non devo pensare a Dio, ma devo essere in Dio ».
(Swami Roberto)
« Le persone non ricordano sempre quello che hai detto.
Purtroppo ricordano di più le sensazioni che hanno provato mentre gli parlavi. »
(Swami Roberto)
Anche se inizialmente queste parole di Swami mi hanno fatto pensare all'ambito dei rapporti interpersonali, quotidianamente complicati dalla comune tendenza a dar retta alle sensazioni piuttosto che ai contenuti... mi è poi venuto in mente un altro piano di comunicazione nel quale questa inclinazione può fare danni ancora più gravi.
Mi riferisco alla Parola di Dio, che molti credenti “amano” sul piano delle sensazioni, magari cullandosi a contemplarne la bellezza... ma guardandosi bene dal trasportarla nel decisivo piano della comprensione, e poi negli atti concreti della loro vita.
Accogliere in noi la Parola divina significa invece accettare che Essa svolga il suo compito... ovvero "offendere" le comodità del nostro quieto vivere, sradicare i nostri sbagliati modi di essere e provocare la nostra coscienza per muoverla a reazione... ed è evidente che tutto ciò non si concilia con le aspettative dell'amor proprio.
Nella mia esperienza di vita, è stato in concomitanza con l'ascolto del Suono unico ed inconfondibile della voce di Swami, che per la prima volta sono riuscito a far tesoro della Parola di Dio lasciando che incidesse i suoi “salutari” solchi nel terreno delle mie pacifiche consuetudini, ed è stato solo attraverso questa scomoda ma benefica “aratura” che Cristo è tornato al centro della mia vita.
Di certo, ciò non sarebbe mai accaduto se gli insegnamenti di Swami non mi avessero fatto passare dalla mia precedente esperienza meramente intellettuale del “Verbo incartato”, che fondamentalmente non aveva minimamente scalfito i miei mondani modi di essere... a quella vitale del “Verbo incarnato”, che è diventato il divino nutrimento del mio percorso interiore.
A partire da allora... io so bene che il mio rapporto con la Parola di Dio è realmente fruttuoso solo quando, ben al di là del piano delle sensazioni, riesco ad operare quel tipo di ascolto che per esempio in ebraico è espresso dal vocabolo shama', che significa al contempo “ascoltare” ed “obbedire”... non per un obbligo imposto da Dio, che sempre ci lascia liberi... bensì per un nostro atto di volontà “obbediente”.
E' questo in realtà l'unico modo per nutrirsi di quel “Pane di vita” che, com'è ovvio, non può certo dare beneficio a chi invece si limita ad “annusarlo”.
"Molti parlano di spiritualità, MA questo altissimo tesoro appartiene soltanto a chi la pratica."
(Swami Roberto)
SENZA PREZZO
« Anche se il tuo sorriso
è un dono gratuito...
vale assai per chi lo riceve.
Ecco, allora non scordare che anche Dio
ti dona tutto gratis...
e ogni suo dono vale più
di qualunque cosa
che invece potresti pagare. »
(Swami Roberto)
Queste parole... che mi ricordano la comunissima inclinazione ad attribuire valore solo a ciò che si misura con il denaro... mi parlano anche di una esperienza che spesso faccio durante le giornate della mia vita religiosa.
Dal momento, infatti, che la mia quotidianità si svolge alla costante presenza della Grazia divina, che gratuitamente si dona a quanti chiedono l'aiuto spirituale di Swami, non di rado mi capita di incontrare delle persone che non si rendono conto di come le "cose" di Dio non abbiano un prezzo non perché non valgono nulla ma... al contrario... perché sono di valore inestimabile.
Molto facilmente, mi capita anche di vedere questo equivoco accompagnarsi ad un altro comunissimo modo di "pensare", praticato da chi attribuisce maggior valore a ciò che magari si trova in uno sperduto e perciò affascinante monastero dell'Himalaya... rispetto a ciò che si trova nell'accessibilissima e pertanto "normale" Leinì.
Chi è abituato a "ragionare" così, non può che restare deluso dal fatto che Anima Universale si sostenga con le libere offerte dei fedeli e non con le tariffe...
e che sia guidata da "uno" Swami Roberto che non è nato né a Kathmandu, né a Timbuctu...

bensì nella occidentale Torino, in una famiglia comune, fuori da ogni “circuito” religioso di "prestigio".
D'altronde... visto che "ieri" c'era chi diceva “Non è costui il figlio del falegname?” (Mt.13,55)... e visto che l'umana mentalità "devota" agli stereotipi non passa mai di moda... non c'è motivo di sorprendersi che oggi ci sia chi si riferisce a Swami pensando, per esempio: “Ma quello, non è il figlio di un operaio?"...
LA MIA VIA
« Una delle parole che più mi affascinano è UTOPIA. Poiché sulla terra non esiste l’impossibile,
l’utopia è un velo dietro al quale si “nasconde” Dio. »
(Swami Roberto)
Di fronte a queste parole... che apparentemente non tengono conto della realtà di tante umane aspirazioni non realizzate, e dunque diventate “luoghi che non esistono” [dal greco “ū” (non) e “tópos” (luogo)]... io ho impiegato un po' prima di trovare un “porto” dove la mia comprensione di questa frase potesse approdare.
Il “faro” che mi ha permesso di individuarlo è stata la definizione di utopia data da Swami: « un velo dietro al quale si “nasconde” Dio »... che mi ha “indirizzato” verso gli albori del cristianesimo, là dove la novità di Cristo veniva definita con il vocabolo greco hodós, che significa “via”, “percorso”.
In questo modo veniva sottolineata l'importanza non soltanto della “meta”... che in quanto trascendente non è pienamente “afferrabile” in questa dimensione materiale... bensì anche della via per raggiungerla.
Infatti, pur se le enormi difficoltà incontrate dal nascente cristianesimo potevano farlo sembrare un'utopia, c'era una via praticabile da ogni credente per trasformarlo in realtà: vivere da cristiano, percorrendo il cammino tracciato da Gesù.
Trasportando al presente questo concetto... tanti principi che oggi possono essere considerati “utopie”... quali per esempio la giustizia, l'onestà, il rispetto... vengono resi reali da tutti coloro che li praticano con serietà e coerenza, e così li fanno esistere nelle loro vite.
« Neppure il caOS è caSO »
(Swami Roberto)
Come sempre, tutto ruota attorno all'individuale volontà :
C'è chi... lamentandosi del “mondo che va a rotoli”... non sa fare altro che accodarsi ai creatori di quel caos che non è affatto un caso, bensì la conseguenza di umani modi di agire sbagliati...
E poi c'è chi, al contrario, decide di inserirsi nel cosmo di Dio, praticando quelle virtù e quei nobili principi che il mondo vorrebbe fare passare per utopie... e che invece sono realtà possibilissime, se concretamente vissute nel “mondo” che ciascuno di noi è.
Una di queste “affascinanti utopie”... per me di gran lunga la più affascinante di tutte... è il cristianesimo ramirico.
E' questo il mio hodós... la mia via.
DIETRO LE MIE SPALLE
« Molti credono che essere sensibili li renda deboli.
Io invece grazie alla sensibilità ho occhi per vedere anche dietro le mie spalle :)))»
(Swami Roberto)
Il tono un po' scherzoso con cui Swami conclude questa frase, non “alleggerisce” la questione molto seria alla quale le sue parole fanno riferimento, ovvero la grande ingiustizia di cui è vittima la sensibilità che, essendo spesso interpretata come debolezza, viene bandita dalle vite di molti.
Tra le svariate cause alle quali può essere imputata questa comune estromissione, io oggi penso ad un "pericolo" che incombe su tante persone, ovvero su tutti coloro che si sentono spiritualmente autosufficienti, soddisfatti maestri di se stessi.
Ora... pur non potendo escludere che ci sia anche qualche "mosca bianca" effettivamente in grado di sviluppare da sola un corretto discernimento della realtà... sono indubbiamente molti gli "autodidatti" dello spirito che finiscono con il "pigliare lucciole per lanterne", per il semplice fatto che... non riuscendo a vedersi come realmente sono... non riescono neanche a correggere quei loro sbagliati modi di essere che soltanto un obiettivo sguardo dall'esterno li aiuterebbe ad individuare.
Scrive Luca nel suo Vangelo “Il discepolo non è più del Maestro, ma ognuno ben preparato sarà come il suo Maestro” (Lc.6,40)
Per poter vivere questa verità, bisogna ovviamente voler essere discepoli... mentre è proprio questo il primo e fondamentale passo che gli “autodidatti” dello spirito si guardano bene dal fare.
Per quanto mi riguarda... io mi sono accorto che non riuscivo a vedere “dietro le mie spalle” quando ho incontrato Swami Roberto. E' stato allora che mi sono reso conto di aver bisogno del Maestro.

Quando sarà il momento giusto sentirai la voce del Maestro, e lo riconoscerai perché spiritualmente nulla più ti mancherà. »
(Swami Roberto)
CHI AMA
« Chi ama non è mai ateo… anche se non crede nell’esistenza di Dio. »
(Swami Roberto)
Benché uno dei principi cristiani chiari come il sole sia riassunto dall'affermazione “Dio è Amore”(1Gv.4,8), la conseguente verità espressa da queste parole di Swami... ovvero il fatto che amare sia il modo in cui anche un ateo può credere "anonimamente" in Dio... è contraddetta dal modo di pensare di tanti cristiani d'oggi.
Mi riferisco in particolare a quelle persone che discriminano sia chi professa una fede diversa, sia i non-credenti... e così dimostrano di essere loro stessi degli “atei anonimi” nella misura in cui non praticano quella carità senza la quale, come ricordava anche Paolo di Tarso nel suo celebre inno, cristianamente "non sono niente" (1Cor 13,2).
Già molto prima di Paolo, in tutt'altro orizzonte religioso anche un inno vedico recita: “L'amore è il primogenito, il più sublime degli Dei, dei Padri e degli uomini. (…) Più grande delle cose che si muovono e di quelle inerti, (…) Tu, o Amore, sei maggiore di tutti, in tutto potente. A te noi rendiamo omaggio!” (Atharva Veda IX, 2,19-23-25).Mi riferisco in particolare a quelle persone che discriminano sia chi professa una fede diversa, sia i non-credenti... e così dimostrano di essere loro stessi degli “atei anonimi” nella misura in cui non praticano quella carità senza la quale, come ricordava anche Paolo di Tarso nel suo celebre inno, cristianamente "non sono niente" (1Cor 13,2).
Si tratta dunque di un concetto spirituale talmente vero da essere universalmente riconosciuto... tranne dai troppi che usano la loro fede integralista per occultarlo.
« L'amore non è una nostra qualità, perché l'amore siamo noi.
Dio rende superlativa la qualità del nostro amore. »
(Swami Roberto)
Il fatto poi che l'amore, come ci ricorda Swami, non sia un nostro "attributo", bensì ciò che ciascuno di noi è... costituisce un'altra fondamentale verità che mi fa pensare ad un'ulteriore e decisiva conseguenza:
Proprio perché spiritualmente siamo amore, nella nostra vita ciascuno di noi finisce con l'essere ciò che ama:

Chi invece ama Dio "divinizza" la propria vita facendo sì che l'Eterno Padre renda “superlativa - come dice Swami - la qualità del suo amore”.
In sostanza è quest'ultima la strada da percorrere affinché le parole del salmista "Voi siete dèi, e figli tutti dell'Altissimo" (Sal.81,6) esprimano pienamente il loro significato nella nostra vita, protesa verso quel piano soprannaturale nel quale solo chi ama... è per davvero in comunione con l'Amore di Dio.
« Amici, date voi stessi A Dio
e date A voi stessi Dio. »
(Swami Roberto)
e date A voi stessi Dio. »
(Swami Roberto)
SAPORE DI SALE
« Cerco testimoni dell’Invisibile. »
(Swami Roberto)
Nella sua concisione, questa frase di “Photos by Swami” è riapparsa oggi dalla mia memoria facendomi pensare a quanto possa essere difficile trovare tale tipo di "testimoni", cioè persone capaci di vivere con fedeltà la propria vita spirituale.
D'altronde, visto che già non è facile attestare fedelmente ciò che si tocca con mano... ancora più complicato è essere “testimoni - come dice Swami - dell'Invisibile”, cioè di una dimensione che non è riscontrabile materialmente, nel senso che non può essere quantificata, né dimostrata in modo sperimentale.
Si tratta, in effetti, di una testimonianza che diventa efficace solo quando è accompagnata da un coerente esempio di vita ed è proprio qui che la questione diventa, per tutti, assolutamente impegnativa: passare dalla religione "teorizzata" alla fede vissuta.
“Ma io ce la metto tutta – pensano in molti – solo che mi è difficilissimo essere coerente. Sono umano... ho anch'io i miei limiti”.
Se da un lato è indubbiamente così, anche perché ovviamente nessuno è perfetto... dall'altro lato bisogna però evitare che l'auto-giustificazione induca a “glissare” sulla fondamentale verità che, per esempio, è ricordata da questo celebre passo di Matteo: "Voi siete il sale della terra; ma, se il sale diventa insipido, con che lo si salerà? Non è più buono a nulla se non a essere gettato via e calpestato dagli uomini”. (Mt.5,13)
Anche in numerosi altri brani evangelici Gesù è particolarmente severo nei confronti delle persone che hanno deciso di seguirLo, a significare che quanti non mantengono fede a questo impegno... oppure lo fanno in modo scorretto, per esempio comportandosi da fanatici... diventano “nocivi” per se stessi ma anche per le persone che incontrano.
La testimonianza incoerente è infatti dannosa per il prossimo, che può trovarsi a rifiutare la fede proprio perché viene informato di una immagine alterata di Dio.
E' questo il caso del "sale-testimone" che diventa “insipido”... e non a caso Matteo usa il termine môranthê, derivazione del verbo greco môrainô, che è lo stesso utilizzato per indicare l'uomo “stolto” (in greco môrô)...
In effetti... quale stoltezza può essere più grande di quella praticata da quanti, avendo trovato la via maestra che conduce all'Eternità, anziché adoperare ogni loro energia per percorrerla spiritualmente a tutta velocità, preferiscono fermarsi ad “esplorare” le sabbie mobili della contraddizione e dell'opportunismo?
In fondo, per essere “testimoni dell'Invisibile” occorre innanzitutto evitare di essere degli auto-lesionisti spirituali... cioè di dissipare quello che viene comunemente definito “il sale che si ha nella zucca”.
Poi, il resto viene di conseguenza, perché la cosa più "normale" che può fare il "sale"... è proprio quella di "salare"... testimoniando Dio.
« La tua vita è il tuo messaggio.
Che sia una splendida novella. »
(Swami Roberto)
"PESCI" VIVI
« La speranza spiana la strada all’intervento di Dio nella tua vita, mentre la rassegnazione apre un varco al nemico di Dio. »
(Swami Roberto)
Fotografando la decisiva antitesi tra speranza e rassegnazione, queste parole di Swami mi riportano alla mente un proverbio conosciuto un po' da tutti “Finché c'è vita c'è speranza”... una laica verità che, senza neanche scomodare la fede, costituisce già da sola uno sprone a compiere il primo e fondamentale passo esistenziale: non rassegnarsi mai... per non rinunciare a vivere.
Il passo successivo è poi quello di nobilitare il tipo di speranze che ciascuno sceglie di coltivare nella propria vita, perché è chiaro che quelle protese verso obiettivi umani ambiscono a traguardi che non hanno in sé la capacità di appagare pienamente la "sete" dello spirito.
Invece... la speranza che, come dice Swami, “spiana la strada all'intervento di Dio”, è quella che ha come compagna la fede e dunque mira alla Realtà che va oltre i limitati orizzonti di questa dimensione, vivificando così non soltanto l'esistenza “biologica” ma, ben di più, quella interiore.
Infatti, l'eternità della nostra individualità spirituale ci “costringe” a non accontentarci di nulla di meno di una speranza eterna perché... come il seme di una pianta non può che "sperare" di realizzarsi diventando un grande albero... così il “seme” soprannaturale del nostro spirito non può che sperare di realizzarsi nella Realtà che trascende la natura... al di là di qualsiasi, per quanto nobile, traguardo umano.
E' questa la speranza virtuosa, arricchita dalla fede, che diventa come un ponte inarcato verso il Regno dei Cieli il quale... come dice Gesù : "è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi" (Mt.13,47)
Mentre questa comune traduzione induce a pensare ad un giudizio morale nei confronti dei “pesci-credenti” che sono scartati perché “cattivi”... in realtà l'evangelista ha usato il termine “putridi” (in greco saprà), intendendo quelli che sono soggetti al processo irreversibile della “putrefazione”, perché non hanno più in sé la vita.
Dunque, non si tratta necessariamente dei “peccatori”... che possono rimanere a bordo della “barca” di Dio purché continuino a sperare in Lui e a lottare per rimediare alle proprie colpe, mediante un sincero e profondo pentimento che li faccia cambiare interiormente.
Ad essere “Gettati a mare” sono invece quanti si dimostrano privi di vita spirituale, perché diventati ormai incapaci di nutrire la speranza di poter diventare, con l'aiuto divino, delle persone migliori.
« La Speranza è una nostra cara sorella…
Se non la fai tua alleata, la tua Fede non è più ravvivata
dall'entusiasmo…
Si rattrista e ti abbandona.
La Speranza è la vita della tua Fede.
Non potrai mai avere fiducia in te stesso se non le ospiti entrambe nel pellegrinaggio della vita.
Conquistale, corteggiale, non lasciarle andare via.
Credimi, con esse al tuo fianco riuscirai nei tuoi intenti
e la Carità sarà lo splendore della loro bellezza, che si
renderà visibile attraverso le tue azioni.
Solo allora la tua devozione sarà autentica. »
(Swami Roberto)
ESAMI di MATURITA'
«Moltissime persone non hanno fede nel Silenzio di Dio e quindi sono sempre in ansia e sovente anche spaventate.»
(Swami Roberto)
Estraneo agli standard frenetici e rumorosi dello stile di vita reso abituale dalla modernità... il faccia a faccia con il "Silenzio di Dio", di cui ci parla Swami, è un incontro per i più scomodo e per molti anche incomprensibile.
Per tutti... si tratta di un vero e proprio "momento della verità", di fronte al quale la nostra interiorità si dimostra matura solo se è capace di leggere tra le righe del "linguaggio silenzioso" di Dio, senza lasciarsi avvicinare dalle paure che invece catturano quanti si sentono momentaneamente dimenticati o peggio abbandonati da Lui.
«Sei nella Via dell'evoluzione quando ti rivolgi a Dio
anche per capire qualcosa di più sulla tua esistenza,
invece che per chiederGli soltanto delle Grazie.»
(Swami Roberto)
In effetti, sono molti i credenti che "valutano" Dio solo in funzione della Sua prontezza nel concedere le Grazie, senza contemplare la possibilità che, per esempio, il divino "Silenzio" sia lo spazio loro concesso per imparare ad affrontare le prove della vita, e per "capire qualcosa di più sulla propria esistenza" ...
Oltretutto, si tratta di un aspetto della realtà che anche la saggezza "laica" ha compreso, come per esempio ricorda il gioco di parole coniato dallo scrittore greco Esopo “pathèmata mathèmata” (le sofferenze sono insegnamenti)... o il detto romano “Ad augusta per angusta” (alle cose eccelse si arriva solo attraverso le difficoltà).
Quindi, a maggior ragione, questa consapevolezza dovrebbe appartenere ai credenti, che dimostrano di credere pienamente in Dio solo quando sono consapevoli che Lui... oltre ad essere la "Soluzione" di molti problemi e lo "Scudo" che protegge da tante sofferenze... è anche il Padre che ci tiene per mano e ci sostiene in quelle prove che non possono essere "abbuonate", perché fanno parte delle "lezioni" karmiche che dobbiamo affrontare per far maturare la nostra interiorità.
Dio esiste.
Dio ha il controllo.
Dio è con me.»
(Swami Roberto)
IMPARATE DA LUI !
Entrando nelle altre Chiese, se “non sei dei loro” perché hai una fede diversa ti accorgi di essere isolato,
emarginato, giudicato, e sovente anche condannato...
Nel migliore dei casi ti accolgono con mille sorrisi col fine di convertirti, perché in fondo ti reputano inferiore o diverso da loro.
Nei Templi e nei Centri di Anima Universale non deve
accadere che una persona di un'altra religione si senta
come “un pesce fuor d'acqua” e pensi di dover abbandonare il proprio credo per stare tra noi:
Al di là delle teologie, Dio è Uno e insieme possiamo lodarLo, adorarLo e ringraziarLo.
Dio Ama tutti, perché ogni essere in Lui esiste.
Non sentitevi mai superiori o migliori di alcuno.
Dio è Madre e Padre dell'umanità e non fa differenze.
Imparate da Lui !
(Swami Roberto)
IL CHICCO di GRANO
« La tua elevazione spirituale non consiste tanto nella mancanza di limiti e difetti, quanto nella volontà
di superarli. »
(Swami Roberto)
Queste parole di Swami sono una sferzata all'umano orgoglio, abituato ad “arrampicarsi sugli specchi” pur di difendere una sua illusoria grandezza priva di difetti... e sono al contempo un invito ad una presa d'atto dettata dal realismo: ogni essere umano si trova inevitabilmente di fronte alla sua imperfezione.
Solo ammettendo questa evidenza è possibile mettere in campo, al meglio, la “volontà di superare” i propri limiti... ed è questo il passaggio che mi fa oggi venire in mente una frase del dissidente e premio Nobel russo Boris Pasternak, che nella sua opera “Il dottor Zivago” scriveva: "Io non amo la gente perfetta, quelli che non sono mai caduti, non hanno inciampato. La loro è una virtù spenta, di poco valore. A loro non si è svelata la bellezza della vita”.
In effetti sono proprio le nostre “cadute” che... anche se ci fanno soffrire... anche se ovviamente preferiremmo evitarle... possono essere trasformate nell'opportunità di tirare fuori il meglio di noi per rialzarci più “vissuti” e dunque più forti, grazie proprio alle “cicatrici” delle nostre ferite.
In fondo, un po' com'è il caso delle più alte catene montuose... che emergono dagli sconvolgimenti tellurici che hanno scosso la crosta terrestre... allo stesso modo ogni persona può trarre slancio dai “terremoti” che hanno scosso la sua vita per elevarsi ad “altezze” che rimangono invece inaccessibili a quanti, per esempio, non “cadono” semplicemente perché restano sempre fermi, rinunciando a vivere per davvero la propria esistenza.
D'altronde... a ben pensarci... si tratta della stessa eterna verità della quale ci parla il Vangelo nel brano del chicco di grano, che “se caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv.12,24).
Queste parole non si riferiscono evidentemente solo alla vicenda di Gesù... che vince la morte con la Sua Resurrezione... ma coinvolgono anche quei cristiani che vogliono veramente seguirLo, e chiedono il Suo aiuto per trasformare la “morte” di ogni loro caduta nella “resurrezione” di una presa di coscienza... che porta i frutti della maturazione interiore.
« Dio lo sa quando
ti sei pentito amaramente
di una tua colpa...
ti sei pentito amaramente
di una tua colpa...
Sappilo anche tu.
Smettila di rovinarti la vita. »
(Swami Roberto)
SI O NO
« La carità e l'Amore
non sono mai neutrali,
perché il cuore non si può dividere e sempre costringe
a fare delle scelte.
Rifiutate con sdegno l'indifferenza
cosicché il cinismo
non potrà radicarsi in voi...
libererete allora la forza prorompente della bontà. »
(Swami Roberto)
Leggendo queste parole di Swami, la prima cosa a cui penso oggi è un luogo comune in voga nel pianeta della spiritualità dietro al quale, ahimè, molto spesso si cela proprio l'indifferenza.
Mi riferisco all'idea di quanti intendono l' “essere amore” come la necessità inderogabile di non scomporsi mai... di non reagire mai neanche di fronte all'ingiustizia... secondo l' “identikit” spirituale di una "imperturbabilità" da mantenere sempre e comunque che però, tanto per fare un esempio, è dissomigliante dal profilo spirituale dei "Soggetti" più illustri delle Scritture.
Basti pensare all' “irruente” Dio anticotestamentario, che di fronte alle bassezze e ai tradimenti umani mostra il suo “Volto” segnato dall'ira... al punto che l'ebraico biblico gli attribuisce a più riprese il vocabolo 'af, che ricorda il suono delle narici che sbuffano in preda ad una emozione irrefrenabile...
Lo stesso Gesù, venuto sulla terra per parlarci dell'Amore misericordioso di Dio-Padre, reagisce anche Lui in modo veemente di fronte ai cambiavalute nel Tempio di Gerusalemme (Gv.2,13-17) o contro l'ipocrisia dei farisei (Mt.23,13-32), a dimostrare che... diversamente dalla rabbia collerica che fa evidentemente il gioco del male... c'è anche un' "ira" divina che è frutto dello sdegno con cui lo stesso male va rifiutato.
E' questa la via tracciata da Cristo per quei cuori che, sottraendosi all' "anestetico" dell'indifferenza, battono i palpiti “della carità e dell'amore” i quali, come dice Swami, “non sono mai neutrali” e così, quando incontrano l'ingiustizia, rispondono spontaneamente con quello sdegno che non si concilia certo con una egoistica impassibilità.
Per conseguenza, la via spirituale è percorsa non dagli indifferenti che aderiscono per "quieto vivere" al cliché del "non arrabbiarsi mai"... quanto invece da coloro che si dissociano sempre dal male, convogliando poi nella giusta direzione l'indignata irritazione che può naturalmente verificarsi di fronte alle sue manifestazioni.
« "dente per dente": PERDENTE! »
(Swami Roberto)
Con questo suo gioco di parole, Swami "fotografa" la sconfitta di tutti coloro che, praticando la vendetta, assecondano il nemico di Dio... "accompagnati" peraltro da quanti, pur non vendicandosi, alimentano però quel rabbioso risentimento che intossica la loro interiorità.
Al fine di evitare che il veleno del male “inoculato” dall'esterno “vada in circolo”, occorre innanzitutto contenere le reazioni di rabbia con il “laccio emostatico” di una volontà esercitata pazientemente in questo senso e poi... bisogna anche fare tutto il possibile per intervenire con il risolutivo “antidoto”: tramutare la rabbia provocata dall'indignazione, in una spinta ulteriore per contrastare ancora di più il male... con una risposta ancora più forte nell'amore.
Solo coloro che scongiurano il rischio di addormentare la propria coscienza nell'indifferenza... e poi sanno anche evitare il vortice della rabbia incontrollata, disinnescando per conseguenza ogni forma di violenza... camminano su quella via spirituale che permette, come dice Swami, di liberare "la forza prorompente della bontà".
« Il parlare del giusto è "sì, sì; no, no" e non contempla il forse.
Gesù accoglie i peccatori e i saggi,
MA RESPINGE I TIEPIDI.
Datti da fare! »
(Swami Roberto)
PERCORSO PER « ESPERTI »
« Le dottrine religiose spesso separano, la Carità unisce sempre. »
(Swami Roberto)
Dal momento che la funzione naturale di una dottrina religiosa è quella di affermare la sua peculiare visione della verità... la quale, a sua volta, ha proprio il compito di separare il vero dal falso... questa frase di Swami mi indirizza verso un'altra accezione del verbo “separare”, cioè quella di allontanare le persone inimicandole e portandole ad essere sempre più distanti dalle virtù umane della fratellanza e della solidarietà.
E' questo il trabocchetto nel quale spesso cadono le dottrine religiose: non tanto l'essere separate nel senso di distinte le une dalle altre... com'è normale che sia... quanto invece diventare fattori di separazione, favorendo la disgregazione e la conflittualità tra le persone che hanno una fede diversa.
Si tratta, evidentemente, della direzione opposta a quella indicata dal messaggio evangelico, che spinge invece verso quell'”unione” che è possibile solo là dove è presente la “Carità” la quale, come dice Swami, "unisce sempre"... fungendo come una sorta di “collante” che agisce sul piano umano e non dottrinale, e crea solidarietà anche tra i credenti che non professano la stessa fede.
« Immagina che la verità sia l'acqua: chiara, preziosa, limpida, indispensabile…
L'acqua però, come la verità, non ha sapore.
Il gusto che le darai sarà, a tua scelta, dolce o salato.
Se dirai la verità con il sapore della carità, sarai amorevole e compassionevole.
Se, invece, deciderai che il gusto da darle sia quello dell'umiliazione, sarai cattivo e vendicativo.
Pertanto, se dici la verità senza carità sei diabolico! »
(Swami Roberto)
Pur se nelle differenti dottrine ciascuno, dal proprio punto di vista, si ritiene ovviamente dalla parte della verità... ed altrettanto ovviamente molti in realtà non lo sono, perché la verità per definizione è soltanto una... di certo è solo in presenza della carità che la “buona fede” con la quale si manifesta al prossimo la propria cognizione della verità, continua ad essere “buona”.
Invece, se manca la carità, la verità in cui si crede... anche se fosse la più giusta di questo mondo... diventa un idolo, “adorato” al posto di Dio.
È questo il caso, per esempio, di quanti idolatrano la propria interpretazione del Testo Sacro, usandola per alimentare divisioni ed intolleranza...
A tutti loro fa difetto il semplice principio già espresso da colui che è un po' il simbolo dei perseguitati dall'integralismo religioso, Galileo Galilei, il quale scriveva: "Nella Bibbia il Signore ci vuole rivelare come si vada in cielo, non come vada il cielo”...
È proprio così: la verità di Dio è quella che ci insegna “come andare in cielo” e... in ottica cristiana... questa via non può fare a meno della carità, non solo professata ma anche vissuta.
« Una persona spirituale,
con il suo impegno compassionevole,
deve farsi Esperto di Umanità e di Eternità. »
(Swami Roberto)
LA SERRATURA... E LA CHIAVE
« Ahi ahi ahi !
Sovente hai più fiducia nelle tue brutte sensazioni piuttosto che in Colui che ti libera dal male.
No es bueno, muchachos! »
(Swami Roberto)
L'atmosfera sorridente e “multietnica” che traspare da queste parole di Swami mi fa ricordare una mia recente “toccata e fuga” nell'alveo culturale dell'Estremo Oriente, a seguito della quale mi sono annotato un proverbio giapponese... “Non sorridiamo perché qualcosa di buono è successo, ma qualcosa di buono succederà perché sorridiamo”... che rammenta anch'esso l'importanza di camminare nel versante "assolato" della propria esistenza.
In effetti, tanto per restare nel piano proverbiale, tutti noi sappiamo l'importanza di guardare sempre “il bicchiere mezzo pieno piuttosto che quello mezzo vuoto”, in un'attitudine che oltretutto dovrebbe essere la "normalità" per i credenti, i quali... anzi... hanno la possibilità di guardare la "pienezza" di Dio, che è ben di più della "mezza misura".
« Lungo la via della tua vita, invece di aspettarti solo il peggio, attraendolo a te con questa tua convinzione, convinciti piuttosto che ogni cosa è possibile per chi crede.
La fede ti conduce… oltre ogni limite. »
(Swami Roberto)
Questa convinzione non appartiene però a tutti i credenti che genericamente aderiscono ad un "credo" religioso... bensì a coloro che hanno, ma per davvero, fiducia in Dio.
E' proprio questa fiducia a costituire l'anima dell'evangelica fede che “muove le montagne”... la quale è ben espressa anche dal vocabolo ebraico Emunà usato per definire, per l'appunto, una fede che incorpora in sé anche la fiducia e va dunque al di là di una mera professione di fede.
E' solo con questo “respiro vitale” costituito da un credere in Dio che non è mai abbandonato da un effettivo “fidarsi di Lui”... che si dispone della “chiave” necessaria per aprire le “porte chiuse” delle proprie prove esistenziali.
« Sei costretto a vivere nella prigione Karmica
da te stesso edificata,
e solo il Signore
ne è la chiave…
da te stesso edificata,
e solo il Signore
ne è la chiave…
Lui aprirà le porte ora sbarrate, visibili ed invisibili.
Non perdere la fiducia, soprattutto quando il mondo
sembra crollarti addosso. Perché se così facessi,
saresti una porta chiusa senza serratura. »
saresti una porta chiusa senza serratura. »
(Swami Roberto)
« MIMETIZZATO »... DENTRO DI NOI
« Beata la coscienza orientata, non verso il chiasso che risuona fuori da sé, ma alla verità che l’ammaestra dal di dentro. »
(Swami Roberto)
Davanti a questo principio spirituale... talmente di dominio pubblico da poter sembrare scontato, soprattutto a quanti non lo praticano... io oggi penso al fatto che la via di accesso alla “beatitudine” di cui ci parla Swami presenta un doppio piano di difficoltà.
Già non è da tutti superare il primo "gradino", che porta ad ascoltare ciò che la verità della coscienza ha da dire... ma ulteriormente selettiva è poi la salita del secondo, che è compiuta soltanto da quei “beati” che riescono a conformare il proprio modo di essere “alla verità che ammaestra dal di dentro”.
Così... a quanti purtroppo “silenziano” la loro coscienza mediante il chiasso esteriore, si aggiungono inevitabilmente i molti che... pur sentendo la voce della verità che giunge “dal di dentro”... non hanno nessuna intenzione di affrontare ciò che il lasciarsi “ammaestrare” comporterebbe, e così trovano mille pretesti per ignorarla, e per restare come sono.
Ahiloro... è proprio questo immobilismo a lasciarli in balia dell'azione del nemico di Dio.
« Nessuno ha autorità contro il male se prima non impara a obbedire al bene. »
(Swami Roberto)
Come si suol dire, “chi è causa del suo male, pianga se stesso”... e pertanto chi non è capace di disciplinare la propria volontà per renderla obbediente alla voce del bene che parla nella sua coscienza, non può che prendersela con sé stesso... se poi il male fa "la voce grossa” nella sua vita.
Quanti invece scelgono l' "obbedienza" al bene... anche a costo di lottare contro la riluttanza dell'ego a recedere dalla sua amata convenienza... acquisiscono quell'autorità contro il male che cambia le sorti spirituali della loro esistenza.
Beninteso... ciò non legittima a ritenersi dei "padreterni", perché è ovvio che la nostra verità interiore non può essere sempre perfettamente coincidente con la verità di Dio e, pertanto, è responsabilità di ciascuno adoperarsi per far crescere la propria coscienza... sia educandola alla pratica degli insegnamenti spirituali ricevuti... sia chiedendo aiuto a Dio, affinché la illumini sulla strada del vero bene.
Con queste premesse... pur se ovviamente potrà ancora accadere che "in buona fede" ci si sbagli, si potrà però star certi che la propria onestà interiore diventerà l' “attivatore” della Misericordia di Dio che, attraverso nuove "lezioni" karmiche poste nel nostro cammino, ci insegnerà a comprendere ancora meglio la Sua verità.
in luoghi remoti…
non realizzando
che lo possono trovare, “mimetizzato”,
proprio accanto a sé…
dentro di sé.»
(Swami Roberto)
PARI e DISPARI
Pur se da tempo immemorabile le religioni del mondo sono divise sul modo di concepire e definire Dio, esistono anche dei concetti "trasversali" che in qualche modo fungono da trait d'union tra le differenti prospettive di fede.
Oggi ne ho incontrato uno leggendo questo versetto delle orientali Upanishad:
« Non dalla parola, né dalla mente né dalla vista può Egli mai essere raggiunto.
Come, allora, può Egli essere percepito se non esclamando “Egli è”? » (kathU VI,12)...
Subito mi è venuto naturale collegare queste parole al fondamentale concetto biblico contenuto nel Libro dell'Esodo, laddove a Mosè... che gli chiede il Suo nome... Dio risponde con il celebre ejeh asher ejeh, “Io sono colui che sono” (Es.3,14), ovvero con la rivelazione del Suo ineffabile Essere.
Dio infatti “è spirito”, come ricorda anche Gesù, per cui è proprio lì, sul piano dell'Essere, che si trova il “Tempio” nel quale è possibile adorarLo “in spirito e verità”(Gv 4,24) andando cioè al di là delle umane e spesso contraddittorie concezioni e definizioni di Lui.
Questo aspetto della realtà mi conduce adesso verso una frase tratta da “Photos by Swami”:
« Io e te non saremo mai pari. Vorrei che fossimo sempre dispari:
IO e TE siamo UNO. »
(Swami Roberto)
Queste parole “IO e TE siamo UNO” mi guidano anch'esse sul piano dell'Essere spirituale, laddove l'unità si può però realizzare, dice Swami, non essendo “pari”... bensì “dispari”.
Riflettendo su quale sia la “parità” da evitare per vivere pienamente nell'UNO, penso alla dualità insita nel mio essere uomo, che naturalmente tenderebbe a trattenermi in quel piano delle definizioni, catalogazioni e “doppiezze” varie... alle quali il Soprannaturale inevitabilmente sfugge.
Infatti, solo nel momento in cui, seguendo la coerenza con la mia individualità spirituale, mi oriento verso il “dispari” dell'unità... mi "appaiono" le evangeliche parole di Gesù: “Che tutti siano uno come tu, Padre, in me e io in te, affinché siano anch'essi in noi” (Gv.17,21)... sintetizzabili nel latino "ut unum sint"... con la sillaba "ut" a significare non un dato di fatto ma un "affinché" ... "unum sint", "tutti siano uno"... cioè una prospettiva che ricalca l'espressione di Swami “Vorrei che fossimo”.
Sì, è solo qui, nel piano dell'essere, che la nostra essenza spirituale si incontra pienamente con l'Uno.
« Se io fossi tutto ciò che tu pensi che io sia, non sarei. Non rinchiudermi nel barattolo delle definizioni.
Lasciami essere oltre la tua immaginazione. »
(Swami Roberto)
OLTRE la MELA
Pur se i più sono abituati a crederci sin da bambini... nella Bibbia non c'è alcuna traccia della mela con la quale il serpente avrebbe tentato Eva.
Si tratta dunque di una "leggenda metropolitana", scaturita da un'affinità lessicale presente nella lingua latina tra i vocaboli malus (che significa “melo”), malum (“male”), e malus (“cattivo”)... che è responsabile di questo comunissimo equivoco.
In realtà, l' “albero della conoscenza del bene e del male” (Gen.2,9) non va interpretato in senso botanico, bensì simbolico... ed il messaggio da cogliere è assolutamente fondamentale:
L'azione del male si esprime nella “tentazione”, ovvero nell'attirare l'essere umano in una direzione opposta rispetto a quella che dovrebbe spiritualmente percorrere.
In cima alla lista degli infiniti inganni con i quali il nemico di Dio realizza questo suo malefico proposito, c'è l'induzione ad "abboccare all'amo" di quell'ignoranza spirituale che è "letale" per l'essere umano, perché lo induce poi ad ingannarsi da solo... nell'accontentarsi di un'alterata percezione della realtà.
Pur se i più sono abituati a crederci sin da bambini... nella Bibbia non c'è alcuna traccia della mela con la quale il serpente avrebbe tentato Eva.
Si tratta dunque di una "leggenda metropolitana", scaturita da un'affinità lessicale presente nella lingua latina tra i vocaboli malus (che significa “melo”), malum (“male”), e malus (“cattivo”)... che è responsabile di questo comunissimo equivoco.
In realtà, l' “albero della conoscenza del bene e del male” (Gen.2,9) non va interpretato in senso botanico, bensì simbolico... ed il messaggio da cogliere è assolutamente fondamentale:
L'azione del male si esprime nella “tentazione”, ovvero nell'attirare l'essere umano in una direzione opposta rispetto a quella che dovrebbe spiritualmente percorrere.
In cima alla lista degli infiniti inganni con i quali il nemico di Dio realizza questo suo malefico proposito, c'è l'induzione ad "abboccare all'amo" di quell'ignoranza spirituale che è "letale" per l'essere umano, perché lo induce poi ad ingannarsi da solo... nell'accontentarsi di un'alterata percezione della realtà.
Il male
vuole togliere all’individuo
il senso reale
della sua esistenza,
logorandolo
giorno dopo giorno
con il vuoto dell’apparire,
del materialismo
o della rassegnazione.
(Swami Roberto)
L'ignoranza spirituale agisce come un vero e proprio “incantesimo”, chiamato per esempio “maya” in oriente, a seguito del quale l'essere umano è distolto, dice Swami, dal “senso reale della sua esistenza”.
Sono purtroppo in molti a trovarsi in questa condizione anche perché, nelle sue versioni più sofisticate, la tentazione illusoria si camuffa proprio con la moralità, nel senso che non si propone in un modo grossolanamente esplicito... cioè come un male facilmente riconoscibile... bensì come un bene che, pur essendo tale, non è ancora il vero bene al quale, in assoluto, bisognerebbe ambire.
E' questo uno dei "frutti" dell' "albero della conoscenza del bene e del male": accontentarsi di una cognizione "solo" umana di bene... senza preoccuparsi di incrementarla con quel "valore aggiunto" al quale solo la Divina Conoscenza permette di accedere.
Infatti, il vero Bene che noi possiamo compiere nella nostra vita, ci può essere mostrato nella sua interezza solo dalla perfetta Verità di Dio che, elevando la nostra consapevolezza interiore, eleva anche la nostra capacità di amare.
Per questo la scelta più "decisiva" che ciascuno può fare nel corso della sua esistenza, riguarda la via spirituale da imboccare e poi da percorrere per avvicinarsi alla Luce e all'Amore di Dio.
Soltanto coloro che scelgono in modo consapevole questa via... senza limitarsi per esempio ad una religiosità abitudinaria frutto unicamente dell'educazione ricevuta... pongono per davvero Dio al centro della propria vita, e così si mettono nelle condizioni di poter beneficiare dell'aiuto di Colui che è l'unico a poterci insegnare come spezzare l'incantesimo dell'ignoranza spirituale, verso il quale vorrebbero invece attrarci le "sirene" illusorie del malus di cui ci parla la Genesi.
Tutto è sbiadito, se SEPARI Dio dal tuo quotidiano.
Non rinchiuderLo solo nei tuoi ritagli di tempo dedicàti alla spiritualità.
Ma fai che la tua spiritualità invada tutto il tuo tempo.
(Swami Roberto)

E FERMENTAZIONE
L'approssimarsi delle prime settimane di settembre... che durante l'infanzia attendevo con impazienza per riassaporare ogni anno la gioia collettiva della vendemmia... mi fa oggi ricordare l'immagine tipicamente evangelica della vite che produce frutto, con il suo ricco "ventaglio" di significati spirituali.
Uno di essi, mi è suggerito da una pagina di Ezechiele, nella quale il profeta osserva come la vite abbia un legno che... a differenza di quello di tante altre piante... è inservibile per gli svariati usi che rendono questo materiale naturale assai utile in molte attività umane (Ez.15,1ss).
Il legno della vite è "buono" solo per produrre il suo frutto, e proprio questa sua altissima “specializzazione” mi fa oggi pensare ad un analogo processo che può innescarsi nella nostra interiorità.
Anche noi, infatti, se sappiamo accogliere nella nostra vita Colui che dice “Io sono la vera vite” (Gv.15,1)... e poi sappiamo restare uniti a Lui come tralci... possiamo a nostra volta "specializzarci" nel diventare dei mezzi attraverso i quali il "frutto" divino puo' rigenerare l'esistenza delle persone che incontriamo nella nostra vita.
« La tua vita è adesso.
Rendila grandiosa
quanto è immenso il tuo Dio,
che l’ha pensata proprio per te.
Credigli e vedrai ! »
(Swami Roberto)
Ebbene sì... è “adesso” che siamo chiamati a "rendere grandiosa" la nostra vita e... pensando a quale sia il modo migliore per farlo... l'odierna atmosfera di vendemmia mi suggerisce l'immagine metaforica della spremitura dei grappoli, della fermentazione del mosto, e poi dell'ottenimento del vino.
Una decisiva “pigiatura” che si rende infatti necessaria nella nostra "vendemmia" spirituale, è quella che siamo chiamati ad operare sulla verità di Cristo che... fin quando rimane sul piano dell'adesione intellettuale, è indubbiamente un gran bel "frutto"...
Però, questa verità può espletare pienamente per noi la sua funzione, solo se siamo capaci di “spremerla” e poi anche di far “fermentare” i suoi contenuti... affinché si trasformino per noi nel “vino” della vita interiore.
Altrimenti... anche la verità più perfetta rischia di restare spiritualmente ininfluente per coloro che, appagati dal fatto di averla incontrata, non compiono poi l'ultimo passo, il più difficile ma anche il più necessario: quello di trasformarla in verità esistenziale.
« Vivrai Dio e
sperimenterai la Beatitudine,
“Paradiso” della tua anima,
anche nella misura
in cui avrai voluto meditare
e approfondire
i miei Insegnamenti,
in questa incarnazione.
Ecco il motivo per cui sono rimasto nell'infinito ! »
Ecco il motivo per cui sono rimasto nell'infinito ! »
(Swami Roberto)
VIVERE DAVVERO
« L'ignoranza spirituale ti induce a pensare:
“Questi figli sono miei;
questa ricchezza è mia”.
Ma come puoi pensare
che siano tuoi la ricchezza
e i figli, quando nemmeno il tuo corpo appartiene a te stesso? »
(Swami Roberto)
La cultura del “mio” richiamata da queste parole di Swami, mi fa oggi pensare all'"avidità", un vocabolo proveniente dal latino avēre, che significa "desiderare ardentemente"... a sua volta riconducibile al termine sanscrito vedico avâti, che significa “amare”.
Questa origine linguistica che, in modo apparentemente strano, "apparenta" l'amore e l'avidità... è invece indicativa della dualità insita nella nostra libertà, chiamata ad esprimersi in una delle due direzioni diametralmente opposte:
La via dell'amore, quale dedizione alle istanze più profonde del proprio spirito...
oppure la via dell'avidità, quale dedizione a tutto ciò che appaga il proprio ego.
E' quest'ultima la direzione nella quale si muovono, per l'appunto, quanti pensano "questa ricchezza è mia"... "questi figli sono miei”... palesando una mentalità "possessiva" che, per associazione di idee, oggi mi fa venire in mente un aneddoto proveniente dalla letteratura ebraica:
Ad un discepolo che gli chiedeva per quale motivo la cicogna (il cui nome in ebraico è "chassida", cioè “la pia”, perché dimostra amore ai suoi "familiari") facesse parte degli uccelli impuri di cui non ci si può cibare, un rabbino rispose che il motivo consisteva proprio nel fatto... che la cicogna riserva il proprio amore soltanto ai suoi.
Al di là del significato che questo concetto di impurità alimentare assume nella religione ebraica... si tratta di un principio mi fa oggi pensare, in parallelo, ad una caratteristica umana assai comune: l'amore espresso da chi lo riserva “soltanto ai suoi”, vede intaccata la propria purezza.
E' questo il caso... tornando alle parole di Swami dalle quali sono partito... di quanti per esempio "amano" con possessività solamente i propri figli, arrivando a considerarli una loro "proprietà" e... così facendo... snaturano l'amore orientandolo nella direzione "centripeta" tracciata dall'avidità dell'amor proprio.
Nella direzione opposta vanno invece coloro che amano il loro prossimo in modo disinteressato... liberando la forza “centrifuga” dell'Amore.

Nella direzione opposta vanno invece coloro che amano il loro prossimo in modo disinteressato... liberando la forza “centrifuga” dell'Amore.
« Ci sono molti modi di vivere, ma uno solo per vivere davvero, pienamente, totalmente :
non vivere per se stessi. »
non vivere per se stessi. »
(Swami Roberto)
AL « SETTIMO CIELO »
« Finché percepisci Dio fuori di te
sei separato da Lui,
ovvero dal tuo Sé interiore,
e predominano i tuoi sensi.
Se Lo percepirai dentro di te,
potrai dire:
“Io e Dio siamo Uno”.
E quando il tuo “io” finirà di dominarti, ci sarà Dio ».
(Swami Roberto)
In aggiunta alle persone che possono avere difficoltà a comprendere il concetto di cui vi ho parlato nel post “siamo Uno”... ovvero l'individualità spirituale eterna e dunque divina dell'essere umano... ci sono poi anche quelle che vivono la difficoltà ricordata da queste parole di Swami, e si sentono "separate" da Dio.
Proprio il significato della parola "separare"... [dal latino “se” (dividere) – “parare” (appaiare), ovvero “dividere ciò che prima era pari”]... può accomunare le persone inclini a sentirsi "separate" da Dio, a quelle che rifiutano l'idea di essere spiritualmente “pari” a Lui... ed oggi io penso a come, le une come le altre, siano in fondo orientate verso quella mentalità religiosa che venne radicalmente contraddetta dal messaggio di Gesù.
Infatti il Cristo... annunciando all'umanità la "buona novella" del Padre Nostro che ci ama come Suoi figli... auspicava che "tutti siano uno; come tu, Padre, sei in me e io in Te, siano anch'essi in noi"(Gv 17,21)... ma questo Suo insegnamento, com'è noto, fu aspramente contrastato dalle autorità giudaiche, le quali insegnavano invece che Dio, nella Sua trascendenza, era lontanissimo dall'essere umano.
Questa mentalità religiosa era peraltro talmente radicata, che lo stesso "araldo" cristiano Paolo di Tarso ne lasciò traccia nei suoi scritti, come quando descrisse una sua esperienza mistica dicendo di essere stato "rapito fino al terzo cielo" (2Cor 12,2)... laddove la teologia rabbinica dell'epoca collocava Dio nell'inaccessibile "settimo cielo".
Tanto per farsi un'idea di cosa ciò volesse dire... il Talmud “misurava” la distanza tra uno e l'altro di questi "cieli" con ben 500 anni di cammino... per cui si credeva che l'Onnipotente Signore si trovasse ad una distanza corrispondente ad un viaggio di 3500 anni.
E' questo il contesto culturale-religioso nel quale si inserisce la “bestemmia” imputata dai Giudei a Gesù: “tu che sei uomo, ti fai Dio” (Gv 10,33)... e, a ben pensarci, si tratta in fondo della stessa imputazione rivolta oggi alla dottrina antropologica del Cristianesimo ramirico, "rea" di affermare l'essenza spirituale divina dell'essere umano.
Corsi e ricorsi... così come ai tempi di Gesù le autorità religiose giudaiche, per salvaguardare il loro potere di "concedere" il "sacro", avevano tutto l'interesse a mantenere un “fossato” invalicabile tra Dio e l'umanità... anche ai giorni nostri non mancano coloro che hanno un "religioso" interesse a coltivare questa cultura della "separazione" ma... grazie a Dio... ieri come oggi c'è anche “Chi”, invece, è nato per guidare spiritualmente “al settimo cielo” quanti Lo hanno riconosciuto come il loro Maestro.
« Sono venuto su questa Terra per richiamare le genti alla verità della propria origine divina: lo spirito…
l’essere eterni.
Il mio messaggio è semplice ma molto difficile da comprendere per chi è legato ad un Dio fatto di schemi, abitudini, tradizioni...
e contraddizioni ».
(Swami Roberto)
IN SOSPESO...
SOPRA DI TE
Nel pensiero mitico dell'antica Grecia il mondo era assoggettato alla legge del fato, un destino ignoto e ineluttabile al quale né gli esseri umani né gli dèi dell'Olimpo... compreso lo stesso Zeus... potevano sfuggire.
Rispetto a quella mentalità fatalista... un cambiamento assolutamente radicale è costituito dall' avvento della fede nel Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe che... nella prospettiva cristiana... ha "restituito" ai credenti un'esistenza da vivere non nella "prigionia" di una sorte cieca ed imprevedibile... bensì nella libertà di un'esistenza "riscaldata" dall'Amore provvidente del Padre nostro.
« C'è una Provvidenza,
una Compassione infinita sospesa sopra di te...
non fermarti ».
(Swami Roberto)