mercoledì 17 luglio 2013

Impronte sulla Sindone

Come potete facilmente immaginare, nella mia quotidianità mi trovo molto spesso a parlare del mio Maestro spirituale.
Questo accade non soltanto perché i suoi insegnamenti sono al centro delle differenti attività sacerdotali che svolgo nel corso delle mie giornate, ma anche perché a volte mi capita di incontrare delle persone che mi chiedono espressamente di Lui...
e qui il discorso si fa più complicato, perché parlare di Swami Roberto significa lambire il confine tra ciò che è descrivibile... e ciò che non lo è affatto.
Questo confine ha iniziato ad entrare nel mio raggio di azione già parecchi anni fa, nel periodo in cui ancora non conoscevo personalmente Swami, che avevo incontrato fugacemente in un'unica occasione.
Quello che sentivo raccontare di Lui, soprattutto in relazione alla guarigione di alcuni ammalati che io ben conoscevo, contribuiva ad alimentare un alone di mistero intorno alla sua figura di ragazzo solo apparentemente “normale”.
Mi rendevo infatti conto che non poteva appartenere alla normalità la vita quotidiana di quel giovane, che si era dimostrato capace di interventi spirituali che risolvevano situazioni familiari prima drammatiche... e mi chiedevo in quale modo trascorresse le sue giornate.
Di certo non poteva essere quella sorta di super-eroe costantemente "smarcato" dalle leggi di natura, che qualche fantasiosa voce di paese tendeva a dipingere...
Però, non poteva neanche essere una persona come tutte le altre, perché il suo sguardo, la sua voce, quello che diceva... e ciò che succedeva quando veniva chiamato in causa... mi impedivano di immaginarlo mentre conduceva l'abituale vita dei ragazzi della sua età.
Quando divenni Ramia e cominciai a vivere nel monastero di Leinì, le ipotesi lasciarono spazio all'esperienza diretta, e Swami entrò nella mia vita non solo con l'interezza della sua dimensione spirituale, ma anche con la pienezza di un'umanità che peraltro Lui vive in modo così vero... da essere anch'essa assolutamente fuori dal normale, sfuggente dai canoni usuali con i quali si può tentare di descriverla.

Però, per cominciare ad entrare almeno un po' in questo argomento, un primo "indizio" è costituito da una parola che io trovo si presti meglio di ogni altra al difficile scopo di far intuire alcune fondamentali caratteristiche del Maestro divino: si tratta del termine aramaico, "Talya'"... che l'evangelista Giovanni non a caso usò per raccontare il momento in cui Giovanni Battista vide Gesù venire verso di lui e disse: “Ecco l'agnello (Talya') di Dio.” (Gv. 1,29)... 
La particolarità del suono aramaico “Talya'” sta nel fatto che significa non soltanto "Agnello", ma anche "Servo"... e proprio la combinazione di questi due significati è una chiara allusione ai "connotati" del Servo Divino già preannunciata dal profeta Geremia che, parlando di sé stesso, diceva che il Servo di Dio è simile “ad un agnello mansueto che viene portato al macello” (Ger 11,19).

Nel corso degli anni, le vicende della mia vita hanno dato un'imprevedibile e concreta consistenza a queste  "coordinate", agnello-servo, che oggi posso applicare... non soltanto per fede ma anche per esperienza personalmente vissuta... al provvidenziale “piano operativo” con cui Dio va incontro agli esseri umani.

Avvolto da questi miei pensieri, guardo la copia di un manoscritto che rispolvera un ricordo parcheggiato nella mia memoria.
Mi riferisco alle toccanti parole che il notaio Carlo Vicario di Torino scrisse nel lontano 1984, qualche mese dopo aver fatto nascere l'associazione “Cristo nell'uomo”, embrione della Chiesa Anima Universale.
In riferimento a tutta una serie di attacchi mediatici che il giovane Roberto, allora poco più che ventenne, stava continuando a subire in relazione alla sua missione spirituale, il notaio Vicario così lasciò parlare il suo cuore, ferito da tanta ingiustificata cattiveria:
«Roberto è esattamente la Sindone di ciò che ognuno di noi gli ha fatto, di ciò che ogni nostra azione ha inciso su quella trasparente pagina di Cielo che vive, macchiata di noi, nella sua serena e intangibile realtà spirituale...
Sono passati gli amici della buona stagione, i nemici della cattiva stagione, i curiosi, i maldicenti, i falsari, i persecutori, la forza pubblica, gli abbandoni, i tormenti, le tentazioni: tutto è trascorso senza macchiarlo... e la sua spiritualità operante è rimasta limpida ed intatta.
Lasciamo allora fare alla Provvidenza e preghiamo e speriamo che, se il Signore dovesse toglierci da Torino o dal mondo un ragazzo di Cielo mandato a predicare il suo Verbo, il suo castigo per noi non sia tremendo».
Pochi mesi dopo che il monastero di Anima Universale a Leinì divenne la mia residenza, scoprii questo scritto rovistando tra i documenti conservati in biblioteca, senza peraltro poter comprendere appieno delle parole che si riferivano a fatti che conoscevo parzialmente, soltanto per sentito dire.
Infatti, prima di diventare Ramia sapevo che Swami era stato lungamente e fantasiosamente calunniato... ma non potevo immaginare che questo accanimento sarebbe poi continuato senza sosta... ora nella forma della "crocifissione" del macello mediatico... ora attraverso la censura “asfissiante” in cui lo stesso ha saputo trasformarsi per nuocere meglio e di più.
Negli anni, ho ormai potuto toccare con mano la precisione "scientifica" con la quale alcuni "poteri forti" cercano di far inghiottire dalle sabbie mobili dell'oscuramento l'Opera divina di Anima Universale, che peraltro ha continuato miracolosamente a crescere, nonostante tutto... e nonostante tutti.
Come ciò sia possibile, la mia ragione non lo sa... ma i piani di Dio vanno evidentemente ben al di là di quanto io posso capire, ed anche soltanto immaginare.
Proprio qui, dove si ferma ciò che mi è possibile comprendere razionalmente, inizia lo sguardo che soltanto la mia Fede mi permette di gettare verso Orizzonti trascendenti, dai quali l'Incarnazione divina del mio Maestro è entrata nella mia vita...
A partire dal giorno in cui questo "ingresso" è avvenuto, ringrazio Dio per la possibilità che mi è stata concessa, di poter vedere da vicino la pienezza di umanità con la quale Swami assume su di Sè le doglie di una sofferenza gratuitamente donata che poi, in modo per me inaccessibile, Lui trasforma nella gioia che solleva gli animi, e nella miracolosa Forza d'Amore divino... che può l'impossibile.

P.S. - Subito dopo aver scritto questo "autoscatto sulla mia fede", mi ritrovo ancora a pensare alle "sabbie mobili" della censura con la quale il mondo vorrebbe inghiottire l'Opera divina di Swami Roberto... e le vedo ingrossate anche, ahimè, da quelle persone che scelgono l'incoerenza o il silenzio per evitare problemi, eludendo la responsabilità di una sincera e corretta testimonianza della Chiesa di cui dicono di far parte.
Peggio per loro, perché chi non è fedele a Dio... dimostra di essere un autolesionista spirituale.
Al di là di ciò, il mio cuore sta con i ramirici che sanno "gridare" al mondo la loro Anima Universale, per annunciare che l'Amore di Dio è Realtà concreta nella loro vita.

Care anime universali... auguriamoci di non essere i "chiodi", bensì le impronte di resurrezione sulla Sindone che il Maestro diventa per ciascuno di noi... nella consapevolezza che la testimonianza di ciò che abbiamo visto e ricevuto, è un nostro privilegio e anche una nostra responsabilità spirituale.


Puntata successiva: 9 aprile dell'anno 30 d.C.

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