Vi riassumo qui, con parole mie, una parte del nostro dialogo... nel quale ho cominciato con il dirgli:
« Visto che il mio pensiero spirituale trae origine dai peculiari insegnamenti di Swami Roberto, che sono frutto della Conoscenza in Lui innata, è ovvio che la mia "lettura" delle Scritture cristiane non possa corrispondere a quella che può fare lei, alla luce dei suoi approfondimenti teologici.
D'altronde, fu Gesù stesso a dire, al dottore della legge che gli chiedeva cosa dovesse fare per ereditare la vita eterna:
“Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?” (Lc 10,25-26) ».
Gli ho poi evidenziato che questo doppio interrogativo, bel lungi dall'essere una semplice ripetizione-rafforzativa, esprime invece un significativo “crescendo” in cui la seconda domanda mette in risalto un problema che investe qualsiasi credente che legge le Scritture: bisogna vedere non soltanto "che cosa" legge... ma anche “come” legge...
Mentre stavo dicendogli queste cose, ad un certo punto lui mi ha interrotto dicendomi:
« Beh, è evidente che sia così, però... proprio a proposito di "come"... a me interesserebbe molto sapere cosa lei pensa riguardo al brano del "cieco nato" che si trova nel Vangelo di Giovanni (Gv.9,1) ».
Allora gli ho chiesto: "Perché proprio quel brano?"...
"Perché voi siete una Chiesa che ha un concetto cristiano di reincarnazione - mi ha risposto lui - e quel versetto è oggetto di dibattito tra diversi studiosi che si occupano di questo argomento".
Come indispensabile premessa, gli ho allora fatto notare ciò che già dissi alla signora di cui vi parlai nell'articolo "karmicamente"... ovvero il fatto che alcuni concetti cardine della tradizione cristiana (per esempio il concetto trinitario di Dio) non sono espressi chiaramente nei Vangeli e dunque, parallelamente, lo stesso può dirsi anche per altri concetti teologici, come quello della reincarnazione, che possono essere cristianamente sviluppati anche indipendentemente dalle Scritture.
Questo è infatti il caso del concetto teologico di reincarnazione in Anima Universale che, oltretutto, è anche indipendente dalle dottrine reincarnazioniste già esistenti, soprattutto in Oriente ma anche in Occidente.
"Per esempio - gli ho precisato ad un certo punto - noi escludiamo l'idea di reincarnazione regressiva, da uomo ad animale. Il nostro concetto di Misericordia divina contempla anche la possibilità di purificazione post-mortem per quanti ne avessero eventualmente bisogno... in un senso avvicinabile al tradizionale concetto cristiano di purgatorio che però, anziché in cielo, noi concepiamo attraverso una nuova nascita terrena"...
Poi, gli ho chiesto:
"Tornando a Giovanni, qual'è esattamente, il punto che le interessa ?"
Aprendo il Vangelo che portava con sé, lui ha letto questi versetti :
« Passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?" Rispose Gesù: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma (è nato cieco) perché si manifestassero in lui le opere di Dio". (Gv.9,1-3) »
Gli ho prima chiesto cosa pensasse lui di queste parole di Giovanni, e lui mi ha risposto:
«Visto che Gesù qui non "prende la palla al balzo" e non fa nessuna esplicita affermazione a favore della reincarnazione, mi sembra ragionevole l'interpretazione teologica cristiana tradizionale che fa riferimento alla posizione di Rudolf Schnackenburg secondo cui la dottrina della reincarnazione “non ha alcun appoggio in Giovanni 9,2”. Penso che dalla risposta di Gesù si possa estrarre solo la precisazione che il male non è sempre la conseguenza di un peccato personale o di una colpa collettiva: “è nato cieco perché si manifestassero in lui le opere di Dio” (Gv.9,3). E lei, cosa ne pensa ? ».
Ho allora cominciato con il dirgli che questa sua valutazione non teneva conto di una parte sostanziale della questione, ovvero la domanda posta dai discepoli. « Il mio “come” parte proprio da lì - gli ho detto - ed il fatto che i discepoli considerassero plausibile l'idea che il cieco-nato potesse avere peccato prima della nascita è molto importante, perché significa che per loro era ammissibile quell'idea di preesistenza dell'anima-spirito individuale che è il presupposto fondativo della dottrina della reincarnazione.
Partendo dunque dall'esaminare il contenuto della domanda, che è stata posta non da persone qualunque ma proprio da coloro che erano più vicini a Gesù e lo ascoltavano quotidianamente predicare... la risposta di Gesù assume tutt'altro significato, "capovolto" rispetto alla lettura cristiana "antireincarnazionista":
Se Gesù avesse ritenuto blasfema l'idea di una preesistenza dell'anima-spirito del cieco-nato, non avrebbe potuto fare a meno di smentirla, togliendola dalla testa dei suoi discepoli. Invece, il Suo silenzio in proposito... lascia un significativo spazio a chi legge in questo versetto una Sua implicita approvazione di quel principio di preesistenza dell'anima che è il fondamento della reincarnazione ».
In definitiva - ho poi aggiunto - al di là del fatto che il mio concetto cristiano di reincarnazione trae origine dagli insegnamenti di Swami e non dalle Scritture... in ogni caso, per “come” la vedo io, il versetto di Giovanni 9,2 è uno di quei passaggi evangelici ai quali la teologia cristiana tradizionale non ha ancora reso giustizia ».
Allora lui ha fatto questa considerazione: « Beh, quello che lei mi dice, mi fa venire in mente le parole del teologo von Balthasar... molto stimato da Papa Ratzinger... quando ha sottolineato che la reincarnazione non può essere confutata, e dunque neanche dimostrata, unicamente sulla base della Scrittura... perché la Rivelazione non mira a spiegare tutti i misteri di Dio e del mondo, bensì a condurre gli esseri umani alla salvezza ».
« Infatti, è proprio così... » gli ho detto alla fine, ed il cordiale saluto che ne è seguito mi ha fatto pensare che, su questo argomento, il mio "come" si è senz'altro avvicinato al suo.
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