Tra i classici atteggiamenti del corpo con i quali, nella tradizione orante cristiana, è possibile rivolgersi al Padre Nostro... oltre a quelli con le mani giunte e/o con le braccia aperte [di cui vi ho parlato qualche settimana fa (*)]... c'è anche quello che è possibile assumere durante la “supplica” (dal latino “supplex”, che significa “chi piega le ginocchia pregando”).
Questa preghiera trae idealmente spunto dall'episodio nel quale è Gesù stesso che prega in ginocchio nell'orto del Getsemani (cf.Lc 22,41), ed è volta – per l'appunto - a “supplicare” Dio, cioè a pregarLo con fervore ed umiltà, implorandoLo di intervenire provvidenzialmente nella propria vita.
Va da sé che la preghiera di supplica è realmente tale quando, ancor di più di quelle fisiche, si riescono a piegare le “ginocchia” dell'orgoglio perché invece... se queste restano “ritte”… fanno gonfiare l' “io”, togliendo posto a Dio.
Quando la supplica è sincera, ed è espressa con un’umiltà capace anche di non presumere che Dio ci debba aiutare nei modi e nei tempi nostri, anziché in quelli suoi… allora la “casa” della nostra vita apre le “porte” alla Divina Provvidenza.
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P.S. - Ovviamente, quando l'orante ha dei problemi fisici, questa pratica devozionale non può (e non deve) essere celebrata con il corpo, bensì “inginocchiandosi” interiormente, cioè proprio là dove conta di più.
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(*) Vedi anche i post:
- A mani giunte
- A braccia aperte