« L'angelo Gabriele fu mandato da Dio per far dono della vita eterna a chi avesse un momento di tempo per riceverlo.
E l'angelo si mise per le strade del mondo.
Ma, dopo aver percorso molte strade, tornò indietro e disse a Dio.
“Avevano tutti chi un piede nel passato, chi un piede nel futuro. Non ho trovato nessuno che avesse tempo” ».
Intesa nel suo significato più tradizionale, questa parabola ci parla del “pericolo” che incombe su ogni umana esistenza: lasciarsi "schiacciare" tra il passato che pure è già trascorso, ed il futuro che deve ancora sopraggiungere... soffocando quel presente che allora "non ha più tempo" di accogliere il dono della vita eterna.
Al di là di tale significato... io oggi leggo questa parabola giudaica dal mio personale punto di osservazione... e penso a come, sul piano della manifestazione temporale, il presente sia per ciascuno di noi un tempo ancora più "evanescente" del passato, che almeno esiste nella nostra memoria... e del futuro, che almeno esiste nella nostra immaginazione... poiché è impossibile per noi "fissare" il momento preciso del presente... che non sia già nel passato... o non sia ancora nel futuro.
Questo aspetto della realtà veniva per esempio rappresentato nell'antico pantheon romano da Ianus, la divinità bifronte... con i due volti visibili rivolti al passato e al futuro... e la cui vera "identità" si trovava nell' "inafferrabile" presente costituito dal suo invisibile "terzo volto", che ne faceva la "porta" temporale... in latino ianua... alla quale si deve tra l'altro il nome gennaio (in lat. ianuarius), che è infatti la "porta" tra l'anno vecchio e quello nuovo.
Quest'antica idea del presente inteso quale porta invisibile... oltre a ricordarmi "en passant" il simbolismo induista dell'invisibile "terzo occhio" di Shiva, che tra l'altro distrugge ogni illusoria manifestazione del divenire mutando la successione temporale nella "simultaneità" del presente eterno... mi spinge oggi a compiere un ulteriore "balzo", anche teologico, fino al mio presente religioso, dal quale fa capolino nei miei pensieri un brano tratto da un insegnamento di Swami:
« L’inconscio è la sede della Conoscenza, ed è la porta
attraverso la quale potrete scoprire la Verità,
affinché tutto si
rivesta di Coscienza.
Simbolicamente l’inconscio
è il “terzo occhio”,
che la tradizione religiosa orientale identifica con il chakra posto un po’ al di sopra delle sopracciglia, nel centro della fronte ».
(Swami Roberto, “Ascoltando il Maestro”, Vol.1, pag.62)
Anche il "passaggio" di cui parla Swami... costituito dalla Verità della Conoscenza che riemerge dal nostro inconscio "affinché tutto si rivesta di Coscienza"... avviene attraverso una "porta" invisibile, quella del nostro "terzo occhio" spirituale, grazie al quale il nostro presente, anziché rimanere infruttuosamente "schiacciato" tra il passato ed il futuro, ha cosi' "il tempo" di accogliere quel dono di "Vita eterna" di cui parla anche la parabola del giudaismo chassidico.
P.s. - Cogliendo l'attimo presente :-) mi torna in mente oggi il noto teologo-sacerdote cattolico Raimun Panikkar... che amava spesso parlare del “terzo occhio” facendo riferimento alla presenza di questo concetto spirituale nella scuola dei Vittorini (XII sec.), all'interno della quale il teologo e mistico medioevale, Ricardo de San Victor diceva che Dio ha creato l’uomo con tre occhi: uno corporeo, (“oculus carnis”, realtà sensibile), l’altro razionale (“oculus rationis”, realtà rivelatami dalla ragione) e un terzo, l’occhio della contemplazione (“oculus fidei”, visione religiosa e mistica)...
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