Nella pratica della preghiera cristiana tradizionale, oltre al gesto delle mani giunte di cui vi ho parlato alcuni giorni fa, un altro dei “classici” atteggiamenti del corpo volti ad esprimere, anche fisicamente, una particolare intenzione devozionale rivolta a Dio... è la preghiera celebrata in piedi, con le braccia aperte e leggermente alzate... e i palmi delle mani rivolti in alto.
Questa posizione (particolarmente “di casa” nell'Ebraismo, ma diffusa anche in altre religioni) ha in origine il significato di esprimere mediante il corpo un senso di abbandono fiducioso a Dio... in un’apertura di braccia che si fa “segno” dell’apertura d’animo con la quale, nella preghiera, ci si rimette rispettosamente alla sua superiore Volontà, disponendosi a farsi aiutare da Lui “a modo suo”... e non a modo nostro.
Una volta adottata anche nella tradizione cristiana, questa particolare posizione “a braccia aperte” ha peraltro acquisito un ulteriore significato:
La “partecipazione” interiore dell’orante alla crocifissione, a braccia aperte, di Gesù… e, attraverso di essa, anche alla sua Resurrezione… dalla quale proviene la Luce cristica che aiuta quanti pregano con fede a “risorgere” dalla “croce” delle loro prove esistenziali.
E’ infatti “prendendo la propria croce” (cf. Mc 8,34; Mt 16,24)… cioè accettando di affrontare con fede e coraggio la “croce” delle proprie esperienze karmiche… che seguiamo il Cristo e che, grazie a Lui, possiamo “risorgere” dai nostri problemi, per continuare al meglio il cammino della nostra vita.
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P.S. - Per coloro che non hanno la possibilità di restare in piedi, la stessa intenzione di preghiera può evidentemente essere espressa anche restando seduti.
Su questo argomento, puoi vedere anche le voci “Preghiera” e “Karma” nel Dizionario tematico del mio blog: “Un mio viaggio nel soprannaturale, sulle impronte di Swami Roberto”.