martedì 25 agosto 2009

Il mio incontro con Swami Roberto (parte 2a)

A Longare (VI), nel 1987Nel mio paese il trambusto del “caso-Roberto” era iniziato da quando un gruppo di parrocchiani, tra cui i miei familiari, avevano radicalmente cambiato la loro vita spirituale cominciando a recarsi in varie località del vicentino per partecipare agli incontri di preghiera che facevano riferimento all’ormai “famoso” giovane di Torino.
Negli ambienti parrocchiali, ma anche nelle famiglie, nei bar e un po’ ovunque, si discuteva di “questo” Roberto che era presentato come una figura di grande rilievo da chi lo aveva incontrato, mentre veniva guardato con sospetto e anche denigrato da gran parte degli altri compaesani.
Per quanto mi riguarda, la cosa inizialmente non mi interessava, anche perché da tempo avevo chiuso la “questione-chiesa”.
Roberto… di cui i miei genitori tanto mi parlavano… per me rimaneva semplicemente una sfaccettatura diversa di un campo, quello della religione, da cui ero stato deluso nella mia necessità di trovare il senso dell’esistenza.
Nel mio personale sentire non mi spiegavo come Dio potesse essere imprigionato nelle pastoie di una religiosità in cui la partecipazione alla Messa domenicale era diventata una credenziale da esibire per dimostrare di essere persone per bene… un’occasione per ostentare gli abiti belli… un talismano per scongiurare le ire del cielo… un abitudinario adempimento ai propri “doveri” di fedele in un piccolo paese dove si sa tutto di tutti.

La mia giovinezza trascorsa nell’assidua frequentazione dei gruppi parrocchiali mi aveva lasciato in eredità tante domande irrisolte… e così mi ero via via allontanato dalla chiesa fino ad arrivare a metterci una pietra sopra. Intimamente credevo in Dio, ma non riuscivo a riconoscerLo in tutti quegli orpelli, meccanicismi e contraddizioni con i quali me Lo aveva presentato l’educazione cattolica tradizionalista nella quale i miei genitori mi avevano cresciuto.
Cercavo Dio, e Lo cercavo soprattutto nella forma di una Verità a cui poter poggiare le mie convinzioni razionali... sulla quale poter costruire una strada spirituale che non mi chiedesse soltanto di aderire ad una fede che non sentivo mia.
Non faceva per me un’idea di Dio che non mi desse risposte concrete.
La mia ricerca della Verità procedeva un po’ in tutte le direzioni, passando soprattutto per testi spirituali, filosofici e scientifici che erano il terreno di esplorazione che preferivo; da tempo il mio punto di riferimento erano i volumi della mia personale libreria, che provvedevo a rifornire continuamente con opere di autori di estrazione culturale diversa. Cercavo infatti un filo conduttore che andasse al di là del “muro contro muro” tra le differenti fedi, ognuna convinta di possedere la Verità e quindi di avere l’esclusiva della salvezza a scapito delle altre… con tutte le conseguenza del caso.

PregaSulSagrato
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Intanto, nonostante le critiche di buona parte del paese che sapeva di Roberto solo per sentito dire, i miei familiari continuavano per la loro strada. Ai miei occhi era esagerato l’entusiasmo con cui mi parlavano di quel giovane, ma io comunque “li lasciavo fare”, perché li vedevo sereni.
Anzi, tra di loro c’era ancora più armonia, e quando mio padre aveva iniziato ad accusare problemi di salute, lui e mia madre si erano rivolti a Roberto e le cose erano andate subito meglio.


Swami RobertoCerto, la mia ritrosia ad interessarmi di Roberto non vacillava ancora. Non potevo neanche prendere in considerazione la possibilità che quel ragazzo di Torino con appena la terza media potesse darmi quanto io cercavo nei miei amati libri, e per conseguenza guardavo i miei genitori con una sorta di “superiore” comprensione.
Oltretutto, la loro insistenza nell’invitarmi a conoscere Roberto era stato il fattore che maggiormente mi aveva tenuto lontano dall’interessarmi alle loro scoperte spirituali.
Per lungo tempo dribblai quell’invito, evitando di cogliere anche le occasioni più propizie.
Nei periodi in cui Roberto giungeva a Vicenza per ricevere gli ammalati, accadeva infatti che lui venisse anche a Monteviale, sostando addirittura a casa mia, perché i miei genitori facevano parte del gruppo di famiglie che gli offrivano ospitalità. In ogni occasione io “mi tenevo alla larga” e mi guardavo bene dal disdire quegli impegni che in realtà erano la scusa per evitarlo.
Lo evitai parecchie volte… finché arrivò il giorno in cui, senza volerlo, lo incontrai.
Con grande entusiasmo dei miei, Roberto arrivò insieme ad un gruppo di persone che lo accompagnavano.
Di lui mi colpirono l’aspetto, ancora più giovane della sua età, e due occhi verdi che sembravano vedere al di là di ciò che guardavano… ma soprattutto rimasi sorpreso dalla sua semplicità disarmante.
Io gli rivolsi alcune parole di circostanza e poi me ne restai in disparte. Era circondato da una piccola folla di persone che mostravano di non voler perdersi alcuna sua parola… di non voler sprecare nessuno di quegli istanti che avevano la possibilità di passare in sua presenza.
Da parte mia, continuavo a non capacitarmi delle attenzioni di cui era fatto oggetto quel ragazzo e pensavo tra me che io al suo posto non avrei sopportato una “marcatura” così asfissiante. Mi sembravano tutti delle “sanguisughe”.
Quando Roberto se ne andò, incrociai per un attimo il suo sguardo, ed ebbi l’impressione che il sorriso che mi inviò come cenno di saluto volesse significare… “a presto”.

(Il mio incontro con Swami - fine 2ª parte. Continua…)

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