mercoledì 12 maggio 2010

Così ho conosciuto Swami Roberto (2^ parte)

(Testimonianza di Ramia Giancarlo)

La guarigione completa di mia figlia, avvenuta tra lo sbalordimento dei medici che iniziarono a chiamarla "il miracolo vivente", aveva suscitato in me un desiderio incontenibile di conoscere chi l'aveva aiutata.
Così, non appena Teresa fece ritorno a casa, con tutta la famiglia organizzammo un viaggio con meta la chiesetta di Torino-Sassi, dove all'epoca viveva Roberto.
Mia figlia era clinicamente guarita, e ovviamente i medici le avevano prescritto un rigoroso ciclo terapeutico post malattia, che noi genitori le facevamo seguire scrupolosamente.
Prima di partire per Torino, ci eravamo organizzati pensando che la nostra bambina potesse patire un po' la lunghezza del viaggio, ma certo non immaginavamo che potesse succedere quello che poi successe!
Teresa cominciò a rigettare praticamente da subito; i chilometri passavano, ma lei continuava a stare male. Arrivammo alle porte di Milano, e ci rendemmo conto di avere già esaurito tutta la scorta di abitini di ricambio e asciugamani di riserva che avevamo prudentemente portato con noi.
Fummo costretti a fare una cosa... che ancora adesso mi vengono i brividi a ricordarla: percorremmo il tratto autostradale Milano-Torino viaggiando a bassissima andatura sulla corsia di emergenza, e mia moglie teneva la porta dell'auto semi-aperta, pronta a sporgere mia figlia all'esterno della vettura... nei momenti in cui arrivavano i conati di vomito.
Come non bastasse, ad un certo punto si scatenò il finimondo anche dal punto di vista meteorologico : arrivò un temporale terribile, nero come non ne ho mai visti in vita mia e Stefano, l'altro mio figlioletto che era seduto sul sedile posteriore, era letteralmente terrorizzato.
Mia moglie mi chiese: “Cosa facciamo?”...
Io subito le dissi: “Andiamo avanti!”. Visto il miracolo che avevamo ricevuto, non ebbi alcuna esitazione: ero consapevole che stavamo portando nostra figlia da quel giovane che l'aveva salvata, e non c'era ostacolo che potesse fermarci.
Giungemmo finalmente a Torino-Sassi... quando ormai la nostra bambina era spossata, e noi insieme a lei.
Iniziammo ad attendere che Roberto scendesse per ricevere le persone che desideravano parlare con lui, e vedevamo che continuava ad arrivare gente... tanta gente: il piazzale antistante la chiesetta si riempì.
Una persona uscì dalla Chiesa e disse: “fate passare i signori di Vicenza”...
Io mi feci avanti e mi rivolsi verso la folla, dicendo ad alta voce: “chi è di Vicenza alzi la mano”...
Nessuno lo fece, così capii che toccava subito a noi.
Entrammo... e vidi per la prima volta Roberto.
La prima cosa che mi colpì, fu l'oceano di Amore che incontrai nel suo sguardo.
Colsi in lui qualcosa di immenso, e vissi una sensazione talmente sublime... che mi trovai inginocchiato davanti a quel giovane neanche ventenne.
Lui si avvicinò a Teresa, la toccò, la benedì e disse “Rispetto a come ti vedevo a Padova... adesso stai molto meglio”...
Io, un po' frastornato, mi girai verso mia moglie... “Ma come? E' venuto a Padova?”... ancora non ero preparato a quel tipo di fenomenologia, e quel suo parlare come uno che conosce già tutto, senza che noi gli avessimo detto nulla, mi lasciò attonito.
Restò con noi alcuni minuti, durante i quali oltretutto accadde un altro fatto strabiliante: sulla fronte di Roberto io e mia moglie vedemmo distintamente una croce... che invece non videro le altre persone che dopo di noi parlarono con lui.
Mi ricordo che nell'emozione incontenibile di quel mio primo incontro con Roberto, non riuscii a dirgli praticamente nulla; mi sentii unicamente di ringraziarlo... con tutto me stesso... per aver restituito mia figlia alla vita.
Nel congedarci gli accennai alle condizioni disastrose in cui avevamo fatto il viaggio di andata, e lui ci disse: “Vedrete che nel ritorno non sarà così”.

Ramia Giancarlo, la volta scorsa mi avevi parlato anche di quel fatto singolare che era accaduto all'ospedale quando, nella concitazione dei momenti in cui Teresa si era risvegliata e ti aveva chiesto del pane, tu... senza sapere perché... avevi guardato le lancette del tuo orologio, e avevi visto che “spaccavano” la mezzanotte. Mi avevi detto che Swami ti aveva aiutato a capirlo.
Infatti... lui mi spiegò quella “fotografia”. Mi disse che, così come la mezzanotte segna la fine di un giorno e l'inizio di un giorno nuovo... così sul quadrante dell'orologio mi era stato concesso di osservare il momento di grazia che segnava per mia figlia la fine del tempo della malattia, ed il ritorno alla vita.

Dopo quel primo incontro con Roberto, partiste subito per tornare a casa?
Prima di iniziare il viaggio di ritorno, entrammo in un piccolo ristorante nei pressi della Basilica di Superga, per mangiare qualcosa.
Anche Teresa voleva mangiare... e già ci sembrava impossibile che fosse lei a chiederlo, visto che non aveva mai appetito.
Ordinammo anche per lei, pensando che avrebbe magari assaggiato qualcosa, e poi il resto lo avremmo terminato noi... ed invece... non avanzò niente!
Io e mia moglie eravamo a dir poco contenti, ma anche preoccupati, perché non avevamo più nulla per cambiarla, e “l'odissea” del viaggio d'andata era ben presente nei nostri pensieri...
Fatto stà che salimmo in macchina, e per tutto il tragitto Teresa continuò a cantare... con quella sua vocina felice che ci dette una gioia immensa.
“Basta! Altrimenti finisce che ci spacchi i timpani delle orecchie...” gli dissi ad un certo punto, baciandola con il mio cuore finalmente sorridente.
Giunti sulla porta di casa io e mia moglie, in contemporanea, pronunciammo la stessa frase: “Roberto aveva detto che nel ritorno sarebbe stato così”.
Ed in effetti se l'andata verso Torino fu un disastro... il ritorno fu... un sogno.

(Fine 2^ parte - continua)

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